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Musica Maestro! Strumenti Open Source per professionisti e appassionati

Marco Fioretti | 13 Agosto 2009

Linux

Ci sono decine di applicativi musicali per lo più basati sul formato di notazione MusicXML. Per Linux

La percentuale di utenti che utilizzano normali Pc non solo per fruire di contenuti multimediali ma anche per produrli è in aumento costante, e il mondo Open Source offre già  parecchi strumenti per queste esigenze. Anche se non sono sempre facili da usare come alcune alternative proprietarie, questi programmi sono notevolmente flessibili e soprattutto molto più facili da personalizzare e utilizzare in maniera integrata. Queste ultime caratteristiche, insieme all’assenza di costi di licenza, ne fanno soluzioni particolarmente interessanti sia per amatori sia in ambito didattico. Questo mese presenteremo quindi alcune categorie di software Open Source utili per collezionisti, autori e creatori di brani musicali.

Indicizzare una collezione musicale

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I file musicali possono contenere metadati di parecchi tipi diversi, dalle copertine degli album ai testi delle canzoni, ed esistono vari programmi Open Source specializzati proprio nell’inserimento di queste informazioni, a mano o scaricandole da Internet.
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Diversi formati assai usati per la distribuzione online di musica digitale permettono di inserire in ogni file metadati ( a volte chiamati tag), per facilitare la catalogazione e la creazione di playlist. Quelli più semplici o comunque più usati e più facilmente reperibili sono gli stessi presenti in qualsiasi classifica musicale: nome dell’artista, titolo del brano e dell’album a cui appartiene, anno di pubblicazione e genere musicale.
Tutti questi parametri si possono scrivere o leggere senza problemi in qualsiasi file in formato Mp3 o Ogg Vorbis. Nel caso degli Mp3 il formato più comune per i metadati è quello chiamato ID3 (www.id3.org), di cui sono disponibili due versioni. La prima, ID3v1, consiste in un semplice pacchetto di 128 byte attaccato alla fine del file vero e proprio. La versione 2 di questo standard colloca invece i dati all’inizio dei file, ma soprattutto li organizza in trame e permette di associare più trame a ogni brano. Questa maggiore capacità  consente di trasmettere, anche in modalità  streaming cioè in tempo reale, informazioni continuamente variabili nel tempo ma assai usate soprattutto su portali di social networking. Quelle più interessanti sono popolarità , numero di utenti che hanno scaricato quella canzone, testo, commenti , immagini, informazioni sul copyright  e istruzioni per la generazione di echi (reverb). Il testo può essere quello della canzone stessa, sincronizzato o meno con la musica, oppure qualsiasi altra informazione. Il campo immagini viene spesso impiegato per caricare la copertina dell’album, ma anche in questo caso si tratta solo di una convenzione.
I commenti Vorbis sono metadati utilizzabili con qualunque formato audio e video della famiglia Ogg (https://wiki.xiph.org/index.php/Ogg). Oltre a immagini e informazioni testuali si possono codificare diritti d’autore e coordinate geografiche. Maggiori informazioni su entrambi i formati sono disponibili su www.id3.org/Introduction, oppure, nel caso di Ogg Vorbis, su https://wiki.xiph.org/index.php/VorbisCommen,che contiene anche un elenco dei player capaci di riconoscere i commenti.  Tutti i player musicali più popolari per Linux, da Amarok a Xine, possono riconoscere questi dati, ma hanno capacità  piuttosto limitate quando si tratta di aggiungerli o modificarli. Quando si ha quest’esigenza conviene quindi rivolgersi  ai cosiddetti tag editor, cioè programmi specializzati proprio per scaricare metadati musicali da Internet e aggiungerli più o meno automaticamente a tutti i file di una collezione. Le caratteristiche di questi applicativi possono variare notevolmente dall’uno all’altro. A volte il motivo è solo lo stato di sviluppo più o meno avanzato; in altri casi si tratta di differenze ben precise nelle scelte di progetto, cioè di programmi sviluppati per affrontare problemi o modalità  d’uso abbastanza differenti fra loro. La soluzione migliore, se si ha o intende creare una collezione musicale molto vasta e ben catalogata, è provare vari programmi e usare di volta in volta quello più adatto alle esigenze del momento.
Audio Tag Tool (https://pwp.netcabo.
pt/paol/tagtool/), ad esempio, è un programma per Linux e smartphone con piattaforma Maemo, scritto apposta per modificare a mano dati ID3 o Vorbis inseriti nei brani musicali. La sua caratteristica più utile è la possibilità  di etichettare o rinominare centinaia di brani tutti insieme, automaticamente. Il formato dei nomi dei file può essere personalizzato in parecchi modi cambiando il modello di base incluso nel Tag Tool. Il limite principale di questo programma è l’impossibilità  di connettersi a un database come Cddb, TrackType.org, MusicBrainz.
org o Gnudb.org per trovare e caricare in ogni file tutti i metadati già  disponibili online relativi al brano musicale corrispondente.
In generale, queste ricerche usano come chiave il nome del file oppure una sua impronta digitale, cioè una sequenza di bit calcolata automaticamente. Il primo metodo garantisce risultati sicuri, ma solo quando il nome dato al file fornisce sufficienti indizi per trovare i dati negli archivi, cioè quando contiene titolo della canzone, oppure nome dell’artista o dell’album. Il secondo, chiamato fingerprinting, anche se non sempre è sufficientemente preciso, potrebbe essere l’unica soluzione quando si ha a che fare con brani di origine sconosciuta.
Uno dei gestori di tag musicali compatibile con entrambi i metodi di ricerca è Kid3 (https://kid3.sourceforge.net/), che può gestire metadati ID3, Vorbis e in parecchi altri formati. Kid3 può anche scaricare dai database online le immagini di copertina dei vari album e modificare in massa i nomi dei file, anche se non è così flessibile come Audio Tag Tool. EasyTag (https://easytag.sourceforge.net/) ha capacità  simili, anche se l’unico database online preconfigurato è Cddb, ma include una funzione di ricerca dei file audio su tutto il disco. Cowbell (https://more-cowbell.org/), invece, si affida ad Amazon, e può lavorare solo su un album alla volta. Picard (https://musicbrainz.org/doc/PicardTagger) è, almeno nelle intenzioni, uno dei programmi più avanzati al momento, poichè si affida pesantemente per le ricerche di metadati musicali alla tecnica di fingerprinting descritta in precedenza. Essendo scritto in Python, Picard funziona senza problemi su Linux, Mac Os X e Windows e ha un’architettura che permette di aumentarne facilmente le capacità  con dei plugin. Quelli già  esistenti consentono di cercare informazioni su Google, Amazon e sul social network musicale Last.fm. Un altro punto di forza di Picard è la documentazione, anche se è in inglese. Oltre a varie guide raggiungibili direttamente dalla home page esistono  infatti anche alcuni videotutorial (https://musicbrainz.org/doc/PicardScreencasts).

Studi di registrazione Open Source
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Jamin e Ardour, ovvero i due programmi più popolari per costruire uno studio di registrazione interamente Open Source, all’opera insieme in questo screenshot tratto dalle loro home page.
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[Un computer sufficientemente potente, con schede audio di buona qualità , può diventare uno studio di registrazione adattissimo per un hobbista, nonché un’eccellente soluzione per un laboratorio didattico, anche se c’è già  chi utilizza i programmi di cui stiamo per parlare a livello semiprofessionale. Con un minimo di pazienza e di competenza Linux si può infatti creare una workstation per elaborazione di audio digitale senza alcuna spesa per le licenze. I due prodotti Open Source per questo tipo di lavoro più adatti e popolari in questo momento sono probabilmente Jamin e Ardour. Il primo (https://jamin.sourceforge.net) è un programma per masterizzazione di tracce stereo basato sul server audio Open Source Jack (https://jackaudio.org/) e dotato di analizzatore di spettro, equalizzatore e vari filtri lineari.
Ardour (www.ardour.org) è uno strumento più completo, in un certo senso complementare a Jamin. Con Ardour (che gira sia su Linux che su Mac Os X) si possono registrare sorgenti audio su quante tracce si vogliono e modificarle con un insieme di filtri molto più flessibile di quello di Jamin. Entrambi i programmi sono comunque compatibili con qualsiasi filtro audio basato sull’interfaccia di programmazione Ladspa (Linux Audio Developer’s Simple Plugin API, www.ladspa.org/). Altre funzioni importanti di Ardour sono la compensazione automatica del ritardo fra una traccia e l’altra il supporto per parecchi formati audio in uscita, e un’interfaccia per il controllo di strumenti e periferiche musicali Midi.
Trattandosi di programmi abbastanza specializzati, non è detto che esistano versioni recenti già  compilate per la propria distribuzione Gnu/Linux di Ardour, Jack, Jamin e altri programmi audio dello stesso livello. Se questo è il caso e non si può o vuole perdere tempo a compilare tutto dai sorgenti, vale la pena di provare una delle distribuzioni create apposta per tecnici del suono, professionisti e non. La pagina

https://news.softpedia.com/news/Top-10-Linux-Distributions-for-Audio-Production-64552 .shtml

elenca dieci versioni di Linux di questo tipo, ma un paio è più interessante delle altre, sia per le caratteristiche sia per la vitalità  delle rispettive comunità  di sviluppatori. La prima è la Jack Audio Distribution o Jad (https://jacklab.org/), un derivato di OpenSuse (versione 10.2 al momento di andare in stampa) con kernel real time e ambiente grafico Enlightenment 17. Oltre a Jac, Jamin e Ardour, Jad contiene altre 70 applicazioni audio già  installate, codec per parecchi formati audio e video e vari programmi per masterizzazione di Dvd e montaggio video. Esistono anche manuali online specifici per configurazione e uso di questa distribuzione, agli indirizzi

https://en.opensuse.org/ JackLab e https://wiki.jacklab.net/

Grazie all’emulatore Wine, Jad può utilizzare i plugin per effetti sonori in formato Vst (Virtual Studio Technology). Se si decide di usare Jad, è importante controllare sui siti appena menzionati la compatibilità  hardware, poiché il kernel real time usato da questa distribuzione potrebbe creare problemi ad alcuni driver. L’altro sistema interessante per chi vuole diventare un tecnico del suono oppure fare montaggio video in ambiente interamente Open Source è Dyne:bolic (https://dynebolic.org/). I requisiti hardware minimi sono notevoli: processore Pentium 1 con 64 MB di Ram oppure Xbox modificata. Se si ha almeno un Pentium 2 a 400 MHz si può usare Dyne:bolic anche come server di streaming per trasmissioni radio via Internet. L’ambiente grafico è Xfce, lo stesso disponibile su Fedora o Ubuntu per chi preferisce evitare desktop più pesanti come Gnome o Kde. Dyne:bolic è distribuita come Live Cd, per funzionare senza installare nulla sul disco rigido. Tutti i file e i parametri di configurazione dell’utente possono essere salvati in un unico file cifrabile, chiamato Nest (nido), su chiave Usb.

Creazione e stampa di spartiti
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Lilypond è uno dei sistemi più sofisticati per stampare spartiti professionali sotto Linux. Basta scrivere la musica in formato testo, con qualsiasi editor (finestra in alto a sinistra)  e lanciare il programma per generare una versione Pdf di ottima qualità  (a destra).
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C’è un aspetto della musica a cui quasi nessuno pensa mai, anche fra musicisti dilettanti oppure insegnanti o studenti di musica. Scrivere spartiti facilmente leggibili, soprattutto se si tratta di brani non elementari, è un’attività  che può portare via parecchio tempo e non è affatto semplice. Creare versioni a stampa di spartiti con la stessa qualità  di quelli prodotti da tipografi professionisti richiede un’estrema attenzione e pazienza… oppure l’uso del software Open Source giusto! In effetti sono disponibili diversi pacchetti di questo tipo, anche se non sono completamente equivalenti: alcuni sono ottimizzati per la composizione tipografica di spartiti, altri per la loro creazione. Quelli del primo tipo servono soprattutto per creare versioni stampabili di una partitura già  esistente, con la più alta qualità  possibile. Gli altri sono sufficienti quando stampare spartiti è utile, ma non tanto quanto crearli e salvarli velocemente in qualche formato digitale, a mano o a partire da file Midi o di altra natura.
Come nel caso dell’indicizzazione dei file Mp3 o Vorbis, anche per gli spartiti è opportuno esaminare brevemente quali sono i formati Open Source più comuni prima di decidere per un programma o l’altro. Quello più in linea con la tradizione Unix è abc (https://abcnotation.org.uk/), un sistema in cui le note vengono codificate come semplice testo Ascii. Per capire meglio di cosa si tratta, ecco poche righe di codice tratte dalla 7 sinfonia di Beethoven in formato abc, scaricabile dalla home page:

V:5 nm=”Clarinet I in A”    snm=”Cl. I”

K:C
z4 | z4 |\
z4 | z4 | z4 | z4 |\

Anche se a un profano un sistema del genere potrebbe sembrare veramente bizzarro, in effetti ha parecchi vantaggi. Se uno spartito è in formato testuale, per crearlo o correggerlo basta qualsiasi editor di testo e il risultato sarà  sempre sicuramente utilizzabile con qualsiasi sistema operativo. Ci sono musicisti che riescono addirittura a suonare leggendo direttamente un file abc, senza convertirlo in uno spartito tradizionale! Dopo aver imparato la sintassi, inoltre, si può scrivere molto più velocemente in questo modo che aggiungendo note con il mouse in qualsiasi interfaccia grafica. I programmi necessari per creare spartiti da un file abc o convertirlo ad altri formati elettronici (incluso Midi!) si trovano sulla home page già  citata. Il sito https://abcplus.sourceforge.net/ contiene invece software e documentazione per scrivere  con abc musica polifonica. L’altro formato per partiture musicali impossibile da ignorare è quello di Lilypond (https://lilypond.org/web/).
Come abc, si tratta di un formato interamente testuale, ma con una sintassi molto più complessa, molto più vicina a quella del sistema di composizione LaTeX. Lo scopo principale di Lilypond è riuscire a stampare spartiti belli e facili da leggere, qualunque sia la difficoltà  del brano musicale, quanto quelli composti a mano da tipografi specializzati. Oltre che in testi composti in LaTex, gli spartiti Lilypond si possono integrare senza problemi anche in documenti OpenOffice, grazie a una macro (https://ooolilypond.sourceforge. net/), che trasforma la musica scritta in formato Lilypond in un’immagine inserita nel documento OpenOffice.