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Digital Music Report 2011: l’Ifpi chiede leggi più severe

Redazione | 24 Gennaio 2012

Audio Social

Come ogni anno arriva il report dell’Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry) sull’industria della musica digitale, un appuntamento fisso […]

Come ogni anno arriva il report dell’Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry) sull’industria della musica digitale, un appuntamento fisso che dal 2002 segue lo sviluppo dell’industria digitale nella musica, il settore trasformato in modo più profondo dall’avvento delle nuove tecnologie.

I numeri si sa sono diventati importanti: gli introiti della musica on line pesano per il 30% sui fatturati delle major discografiche e negli Stati Uniti toccano il 50%.  Il 2011 ha segnato un incremento nelle vendite di ben l’8% rispetto al 2010, per un totale di 5,2 miliardi di dollari di giro d’affari. L’IFPI stima che siano stati legalmente scaricati 3,6 miliardi di file musicali, il 17% in più sul 2010. I servizi legali attivi su scala mondiale sono oltre 500 e offrono 20 milioni di track. Nell’ultimo anno gli abbonamenti attivi ai servizi on linedi musica digitale hanno raggiunto i 13 milioni, il 65% in più rispetto al 2010.

Ma al di là  dei  successi di mercato, resta il dato inconfutabile che un utente su 4 accede a siti pirata e che per arginare il fenomeno è necessaria la collaborazione più stretta di diversi attori. I governi in primis, e poi gli Internet provider, ma anche i circuiti di pagamenti on line e i motori di ricerca. Alle istituzioni l’IFPI chiede specifiche leggi anti-pirateria come l’Hadopi adottata in Francia lo scorso anno o il SOPA in discussione al Congresso americano in queste settimane. In Francia la percentuale di file sharing illegale è scesa del 26% in un anno dopo l’entrata in vigore della legge antipirateria voluta da Sarkozy.

In Inghilterra c’è stata un’azione congiunta tra la polizia di Londra, i servizi di pagamento on line e l’Ifpi che ha portato alla chiusura di 62 siti illegali. Ed è proprio a queste sinergie con terze parti che guarda l’industria discografica: non basta togliere i link ai siti illegali dai risultati dei motori di ricerca, dice l’Ifpi, bisognerebbe che questi ultimi organizzassero in maniera diversa i risultati, dando la priorità  agli indirizzi legali e contrassegnando quelli pirata in modo tale che l’utente non rischi di finirci dentro inconsapevolmente. Lo stesso vale sul fronte degli investimenti pubblicitari che qualora rivolti ad attività  illegali, andrebbero tagliati del tutto.

E per quanto riguarda gli Internet provider la richiesta si sa è quella di interrompere la connessione agli utenti che vengano trovati più volte in fragranza di reato sui siti di p2p. Nel 2011 IFPI è riuscita a far rimuovere oltre 15 milioni di link a siti pirata ma c’è ancora molto da fare.