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Assinform: Italia digitale come sistema industriale

Redazione | 13 Giugno 2013

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Il Rapporto Assinform è giunto quest’anno alla 44esima edizione e in un momento forse tra i più delicati della storia […]

1_IFA_2012_group_image_incTabletIl Rapporto Assinform è giunto quest’anno alla 44esima edizione e in un momento forse tra i più delicati della storia del Paese, sebbene da questo osservatorio di crisi dell’informatica se ne siano viste passare tante, la tentazione di vedere tutto nero c’è stata anche per Paolo Angelucci, Presidente Assinform e Giancarlo Capitani, Amministratore delegato di NetConsulting.

“Volevamo mettere la copertina nera all’edizione cartacea del Rapporto Assinform 2013″ ma poi è prevalsa una sferzata di ottimismo e abbiamo scelto il bianco”. E questa sferzata di ottimismo Paolo Angelucci e Giancarlo Capitani hanno cercato di trasmetterla stamattina anche alla platea, nonostante i dati di mercato presentati. Il Global Digital Market, il comparto che riunisce oltre all’informatica tradizionale e alle tlc anche i segmenti più vivaci delle nuove tecnologie, (per intenderci i contenuti digitali, i tablet, l’Internet delle cose), nei primi quattro mesi del 2013 è purtroppo calato al -7,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. A trascinare verso il basso l’intero comparto sono proprio i segmenti tradizionali dell’informatica (-4,2%) e delle telecomunicazioni (- 9,8%). Tanto che Assinform è costretta rivedere le stime al ribasso per la fine del 2013: il global digital market chiuderà  a -4,2% con l’informatica che avrà  un trend peggiorativo (-5,8%) e le telecomunicazioni che invece limiteranno il calo a -6,5 punti in percentuali.

Lo scenario economico è come detto preoccupante: non ci aspettavamo un ulteriore peggioramento per questi primi quattro mesi dell’anno, dicono in Assinform, ma d’altronde anche gli indicatori macroeconomici per l’Italia confermano quanto detto: secondo gli ultimi dati Istat il Pil nazionale è sceso a -2,4% nel primo trimestre 2013 gli investimenti fissi lordi sono crollati a – 7%. Dato ancora più allarmante le esportazioni per la prima volta hanno davanti il segno meno (-0,2%). Soprattutto l’Italia risulta il paese con l’offerta di credito bancario alle imprese più bassa di tutta Europa.

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Finito di recitare il de profundis, se si getta lo sguardo al resto del mondo, i segnali confortanti ci sono ed è a questi che ci si deve aggrappare: il global digital market cresce a livello mondiale del +5,3% e pesa per 4.219 miliardi di dollari.

Nel mondo ci sono più di 2 miliardi e mezzo di persone che accedono a Internet; nel 2012 sono stati spesi 900 miliardi di dollari in transazioni di ecommerce e la popolazione mondiale che acquista on line conta ormai 900 milioni di persone. A fine 2012 si contavano 6 miliardi di linee mobili attive, 1 miliardo di utenti della banda larga e 1 miliardo e mezzo di utenti di social network.

Anche l’Italia a suo modo ha delle componenti forti di innovazioni, solo che da noi, spiega Giancarlo Capitani, la forbice tra le componenti del mercato che crescono e quelle che decrescono, è decisamente più ampia che in altri paesi.

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Prendiamo ad esempio il mercato PC, che nel nostro paese nel 2012 ha subito un calo del 14% nelle vendite rispetto al 2011, (in tutto sono stati venduti i 5,34 milioni di PC con i portatili a picco (-16,7%) e i desktop a -8,9%). Tale flessione è stata però compensata dalla crescita del 140% dei tablet che nel 2012 hanno venduto più di 2 milioni di pezzi che e per il 2013 si prevede facciano numeri anche superiori. Lo stesso accade nella fonia mobile, calano le vendite in valore dei cellulari tradizionali (-26%) mentre crescono del 39% le vendite di smartphone, e a fine 2012 il comparto smartphone valeva 2.320 milioni di euro.

Scendono smart-box e stampanti (-19,7%, pari a 738 milioni di euro)) mentre crescono le smart Tv (+38%, 910 milioni di euro). Così come sul fronte dei servizi si registra un calo dell’outsourcing e system integration (-3,9% e.3,3%) e una crescita dei servizi cloud: + 48,6%, un mercato pari a 260 milioni di euro.

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Il problema dell’Italia, spiega Giancarlo Capitani, è che questi segnali positivi non riescono a fare sistema tutti insieme e questo determina un ritardo del Paese che ancora ieri è stato evidenziato da Eurostat nel suo ultimo rapporto. Ad esempio c’è un 37% di italiani che non ha mai utilizzato Internet contro una media del 22% degli altri paesi europei, solo il 19% degli italiani interagisce on line con la PA contro una media del 44% in Europa, eppure il 60% degli italiani l’accesso a Internet ce l’ha. Solo l’11% dei nostri connazionali fa acquisti on line contro la media europea del 38%, per non parlare delle imprese: solo il 4% vende on line contro il 14% di media europea.

 

Per non disperdere quanto di buono c’è e mettere insieme tutti questi focolai di innovazione ci vuole un’Agenda Digitale Nazionale più efficace che trasformi l’Italia digitale in politica industriale. Per lo sviluppo dell’economia digitale Assinform individua due priorità : l’istituzione di un “bonus cloud” per le imprese, sotto forma di credito d’imposta da utilizzare obbligatoriamente in applicazioni e nello sviluppo di processi aziendali e l’introduzione di una “Sabatini tecnologica” (con riferimento alla legge Sabatini del 1965 che permette alle imprese di acquistare macchinari a tasso agevolato) che favorisca la digitalizzazione e gli investimenti. Per giunta essendo l’ information technology un settore ad alta densità  lavorativa (in Italia il comparto conta 470.000 addetti) è fondamentale sviluppare politiche attive del lavoro, prevedendo stage di 12 mesi in azienda, di personale diplomato, con passaggio automatico al regime di apprendistato.

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È tempo di darsi una mossa tutti quanti, ha concludo Agostino Ragosa, direttore Agenzia per l’Italia Digitale, ricordando alle imprese un solo dato: nel periodo 2007- 2013 i fondi europei a disposizione dell’Italia per progetti di innovazione tecnologica erano pari a 60 miliardi di euro, in cinque anni sono stati utilizzati solo 18 miliardi di euro. Questo significa mancanza di progettualità  oltre che di capacità  di innovare. “Ogni anno la Pubblica Amministrazione italiana spende in ICT 10 miliardi di euro e siamo ultimi in Europa sul fronte della digitalizzazione dei servizi” dice Ragosa. Evidentemente c’è qualcosa che non va.

Un problema è l’eccessiva frammentazione: non si può pensare di accedere alla rete della PA da 4000 punti diversi di accesso come accade oggi, bisogna ridisegnare l’infrastruttura di rete della PA, fa notare il responsabile dell’Agenzia per l’Italia Digitale.

L’Agenzia per l’Italia Digitale è al lavoro su più fronti: la realizzazione di un’infrastruttura di rete a banda larga per la Pubblica Amministrazione, che dev’essere diversa dalla rete a banda larga a cui accedono i cittadini (il bando di gara c’è già  stato e l’investimento previsto è di 2,5 miliardi di euro) e la digitalizzazione dei servizi veri e propri della PA con l’aiuto di Consip, che funge un po’ da ufficio acquisti della PA. Oggi il rapporto degli italiani con lo sportello pubblico è ancora fisico al 90% e quel dato Eurostat che ci posiziona all’ultimo posto in Europa come digitalizzazione dei servizi pubblici, pesa come un macigno.

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