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AMD, la rinascita

Michele Braga | 5 Aprile 2017

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  Dopo una lunga attesa, lo scorso 2 marzo ha debuttato la nuova linea di processori Amd Ryzen basati sull’architettura […]

 

Dopo una lunga attesa, lo scorso 2 marzo ha debuttato la nuova linea di processori Amd Ryzen basati sull’architettura Zen. Si tratta dell’annuncio di maggior portata degli ultimi cinque anni per Amd perché questa architettura è stata progettata dalle fondamenta per offrire un significativo incremento di prestazioni rispetto a tutte quelle derivate dall’architettura Bulldozer di precedente generazione. Amd ha cominciato a lavorare sull’architettura Zen nell’ormai lontano 2012, investendo molto tempo e risorse con l’obiettivo di tornare ad essere competitiva con la rivale Intel sul fronte delle prestazioni e delle piattaforme desktop di fascia alta.

di Michele Braga

ICON_EDICOLAPer dare vita al progetto Zen, il primo passo compiuto da Amd è stato quello di riportare tra le proprie file l’ingegnere e progettista di architetture Jim Keller assegnandogli il compito di costituire una squadra di progettisti in grado di creare le fondamenta per realizzare una nuova architettura x86 capace di alte prestazioni. Dopo tre anni di lavoro e dopo aver costruito un team solido, nel 2015 Jim Keller ha lasciato Amd per raccogliere nuove opportunità  e sfide. I primi dettagli dell’architettura sono stati svelati nel corso del 2015, mentre durante lo scorso anno Amd ha affinato gli ultimi dettagli del progetto, mostrando in più occasioni come le promesse degli obiettivi di partenza fossero stati mantenuti e in alcuni casi superati.

Prima di dedicarci in modo analitico e dettagliato di Ryzen, vogliamo sottolineare come la notizia ha una rilevanza particolare per il mercato e per gli utenti finali in quanto segna il ritorno deciso dell’azienda di Amd nel settore delle architetture x86 ad alte prestazioni. Ryzen è un punto di partenza che getta le fondamenta per nuove generazioni di processori che seguiranno nel corso degli anni.

La linea di processori Ryzen – il cui nome in codice è Summit Ridge – sarà  articolata in più serie: Ryzen 7, Ryzen 5 e Ryzen 3. Al momento sono disponibili i tre modelli Ryzen 7 di fascia più alta, mentre per le altre serie sarà  necessario attendere la seconda parte dell’anno. La serie Ryzen 7 comprende tre unità : Ryzen 7 1800X, Ryzen 7 1700X e Ryzen 7 1700. Tutti e tre i modelli dispongono di 8 core fisici e sono in grado di gestire fino a 16 thread in simultanea, sono dotati del medesimo quantitativo di memoria cache e, soprattutto, sono caratterizzati da prestazioni e prezzi in grado di catalizzare l’attenzione di tutti. Con questa linea di processori, infatti, Amd punta diretta al segmento HEDT (High End Desktop) dove i modelli Intel della serie Extreme Edition regnano incontrastati da anni, definendo prestazioni di riferimento e dettando il prezzo da pagare per prestazioni di classe premium.

Se ciò non bastasse la mossa di Amd potrebbe dare uno scossone anche al segmento dei processori desktop di classe quad core di Intel dove due mesi fa ha debuttato la nuova linea di modelli con architettura Kaby Lake. I processori Ryzen 7 offrono, infatti, un maggior numero di core per un prezzo di poco superiore a quello delle unità  Core i7 con architettura Kaby Lake. Queste di contro hanno una frequenza operativa molto superiore e per questo risultano spesso più veloci anche dei modelli Core i7 Extreme Edition offerte dalla stessa Intel. Al momento non sappiamo a che frequenza saranno in grado di operare i processori Ryzen 5 e Ryzen 3 che avranno un minor numero di core, ma senza dubbio possiamo attenderci una concorrenza agguerrita sul fronte dei prezzi assoluti e del rapporto tra prestazioni e prezzo.

Come vedremo nel corso di questo articolo, l’architettura Zen rompe diversi paradigmi adottati da Amd durante la progettazione della precedente solzione Bulldozer che nel corso degli anni, anche attraverso le modifiche apportate fino all’ultima versione dei core Excavator, ha dimostrato di non essere in grado di tenere il passo con i cambiamenti del settore. Ciò è avvenuto per motivi diversi: da un lato l’architettura Bulldozer non è risultata efficiente quanto i progettisti si aspettavano; dall’altro lato la scelta di utilizzare unità  in virgola mobile condivise è stata penalizzata dal fatto che molti software, tra i quali anche i sistemi operativi, hanno fatto un utilizzo via via crescente di queste unità  piuttosto che di quelle per l’elaborazione degli interi. In un panorama del genere l’architettura Bulldozer è risultata quindi deficitaria rispetto alla concorrenza. (…)

Estratto dell’articolo pubblicato su PC Professionale di aprile 2017