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Security

Microsoft vince importante causa per la privacy

Davide Micheli | 18 Luglio 2016

Sicurezza

Nella causa che ha visto contrapposta Microsoft al Dipartimento di Giustizia USA per la trasmissione di dati conservati in Europa, una Corte d’appello statunitense ha dato ragione all’azienda di Redmond.

La sentenza di cui vi parliamo oggi, è una di quelle destinate a far discutere (e non poco) i sostenitori del diritto alla privacy e coloro i quali oppongono la ragione di stato ad ogni questione: Microsoft, contrapposta al Dipartimento di Giustizia USA, ha infatti ottenuto ragione da una corte d’appello americana relativamente al suo diniego a trasmettere i contenuti delle e-mail di un utente ritenuto un presunto trafficante di droga.

La contesa legale era cominciata nel lontano dicembre 2013, per concludersi appunto qualche giorno fa: il dipartimento di giustizia, incappando sul caso di un probabile trafficante di droga, aveva richiesto ai giudici statunitensi di ordinare all’azienda di Redmond di consegnare i dati riferibili all’account dell’indagato, informazioni che la società  di Satya Nadella ha fornito soltanto in parte, in ragione di un importante “dettaglio”.

Microsoft, infatti, ha basato la sua decisione sul fatto che i contenuti richiesti si trovano sui suoi server collocati in Irlanda: in sostanza, la situazione ha messo l’azienda di Redmond di fronte alla necessità  di ribadire come, trovandosi i dati su un hosting offshore, la magistratura americana non poteva avere la giurisdizione per poter ordinare alla società  di Satya Nadella di violare le normative europee sulla privay, consegnando i dati.

La tesi è stata condivisa dai giudici di appello statunitensi, secondo i quali, i dati delle e-mail ospitati sui server europei – indipendentemente dal fatto che gli stessi siano riferibili ad utenti effettivamente del Vecchio Continente – non possono essere acquisiti dagli inquirenti americani per imbastire le loro indagini e, quindi, rimandare a giudizio un utente spingendo una società  americana a violare le leggi di altri paesi.