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HowTo | Internet

Come cercare i siti Web amatoriali con Wiby

Alfonso Maruccia | 17 Aprile 2019

Servizi Web

Un motore di ricerca alternativo promette di aprire le porte a quei contenuti nascosti al di sotto del moderno Web […]

Un motore di ricerca alternativo promette di aprire le porte a quei contenuti nascosti al di sotto del moderno Web commerciale. Un servizio per amatori e ricercatori.

Come abbiamo visto nella guida precedente, Google non rappresenta la soluzione ideale se andiamo alla ricerca di siti Web nascosti, di secondaria importanza rispetto a quelli “istituzionali” ma non per questo meno interessanti per approfondire un argomento o un tema di studio non particolarmente popolare.

Oltre al precedentemente trattato Million Short, un altro motore di ricerca alternativo che si pone l’obiettivo di rendere accessibile il Web “nascosto” è Wiby: il focus, in questo caso, è rappresentato dal Web degli albori, vale a dire quella rete telematica costituita da pagine personali, contenuti amatoriali e dalle funzionalità tecniche limitate che sono stati letteralmente seppelliti da pagine e pagine di siti Web commerciali.

Wiby - 1

Il database di Wiby è costituito interamente da siti realizzati per fini personali o accademici, dicono gli sviluppatori, pagine Web dove i “contenuti” (soprattutto il testo) regnano sovrani mentre gli aspetti tecnici sono in genere ridotti al lumicino. Questo genere di siti è adatto anche alla navigazione su browser e PC meno recenti, visto che l’abuso di script (JS) e altri componenti “gonfiati” tipici del Web commerciale viene messo rigorosamente al bando.

Wiby - 2

Nel corso dei nostri test comparati tra Wiby e Google, il motore di ricerca alternativo ha messo in luce pagine Web personali e portali amatoriali connessi agli argomenti cercati; il numero di risultati, invece, è stato decisamente basso rispetto alla vastità quasi sconfinata di informazioni indicizzate dal colosso di Mountain View.

Tutto considerato, un servizio come Wiby può rappresentare uno strumento utile ai fini della ricerca accademica e, perché no, dell’esplorazione “archeologica” di un Web oramai dipendente dalle esigenze del business commerciale e dagli interessi delle grandi corporation di rete.