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Prove di cyberguerra

| 8 Gennaio 2015

La mattina del 26 novembre, i dipendenti di Sony Pictures Entertainment – la società  di produzione cinematografica del colosso giapponese […]

La mattina del 26 novembre, i dipendenti di Sony Pictures Entertainment – la società  di produzione cinematografica del colosso giapponese – all’arrivo in ufficio hanno trovato sullo schermo dei loro Pc un avviso minaccioso.

Firmato da un gruppo di hacker chiamato Guardians of Peace, diceva sostanzialmente: “Abbiamo ottenuto tutti i vostri dati, anche i più segreti e se non farete quello che vogliamo li divulgheremo a tutto il mondo”. Non si trattava di un pesce d’aprile anticipato, ma di una delle intrusioni più devastanti di una rete aziendale di cui si è mai avuto notizia. I “guardiani della pace” erano riusciti a trafugare una quantità  di dati enorme, 100 Terabyte (non è un errore di stampa), e pochi giorni dopo hanno iniziato a metterli in circolazione su Internet. C’era di tutto: da film non ancora andati in sala, come Mr. Turner e Still Alice, agli archivi di posta elettronica privata di buona parte dei dirigenti e impiegati di Sony Pictures, fino ai Pdf con le scansioni dei passaporti di attori di primo piano, come Cameron Diaz e Angelina Jolie. Un danno incalcolabile, aggravato dal fatto che nelle email di alcuni dirigenti sono rapidamente emersi particolari a dir poco imbarazzanti, comprese battute razziste sul Presidente Obama e la definizione di “insopportabile viziata dal talento scarsissimo” rifilata ad Angelina Jolie. Senza contare che la rete aziendale è rimasta bloccata per giorni e giorni: per evitare la paralisi, i dipendenti di Sony Pictures sono stati costretti a fare un salto nel passato sostituendo la posta elettronica con il fax.

Il motivo dell’attacco? Secondo l’Fbi si è trattato di un “attacco di stato”: una rappresaglia preventiva della Corea del Nord per il film “The Interview”, una commedia prossima all’uscita la cui trama si conclude con il truculento assassinio di Kim Jong-un, il despotico leader dello stato asiatico. Lo stesso Obama ha puntato il dito verso la Corea del Nord, condannando l’attacco e annunciando una “risposta proporzionata”. La Corea del Nord dal canto suo ha negato qualunque responsabilità  e si è anzi detta disponibile a un’indagine congiunta per individuare i veri responsabili. Intanto, anche sulla scia della minaccia di attentati alle sale che avessero osato proiettare il film, Sony ha rimandato a data imprecisata l’uscita di The Interwiew.

Maurizio Bergami