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Videogame

Steep – La recensione

Redazione | 18 Gennaio 2017

Gaming

Essendo un uomo cresciuto a vino, poca poesia e pochissime virtù, ammetto di aver approcciato Steep con il più basso […]

Essendo un uomo cresciuto a vino, poca poesia e pochissime virtù, ammetto di aver approcciato Steep con il più basso degli istinti, il solito che mi ha sempre mosso in tutti gli sport invernali dalla genesi a oggi: quello di arrivare sulla cima della montagna. Una scalata fatta di eventi da affrontare senza soluzione di continuità ; un inanellare vittorie e inseguire la splendida vanagloria su cui campano tutti i videogiochi e le simulazioni sportive che, eventualmente, mi avrebbe portato a un traguardo, a un compimento, a una sensazione di chiusura che mi desse l’illusione di essere diventato il migliore, il più bravo, il più grande. Persino più grande della montagna stessa. Mai avrei potuto scegliere un approccio più sbagliato! Le prime ore di gioco con il nuovo open world di Ubisoft mi hanno catapultato su delle Alpi svizzere che non volevano saperne di darmi le sensazioni che cercavo e che, pur offrendo più sfide di quante possano essere raccontate o anche solo contate, non riuscivano a trasmettermi una sensazione di progressione, una soddisfazione per aver chiuso una gara in testa, un riconoscimento davvero significativo per aver sbancato tutti i contatori delle combo. Non stavo scalando nessuna montagna, non stavo davvero arrivando da nessuna parte e, dal basso del mio ragionamento di partenza, non riuscivo a capire perché tutta la straordinaria grandeur del titolo sviluppato negli studi di Annecy non riuscisse a consolare il mio essere orfano di capolavori passati come SSX e Amped, a maggior ragione se si considera che su PC gli sport invernali non sono mai stati rappresentati così tanto e così bene nella storia, a mio modestissimo avviso. Poi, però, le perplessità  e – sarò onesto – anche il fastidio della prima ora sono scomparsi, così come inspiegabilmente erano arrivati, lasciandomi libero da pregiudizi e idee deviate sulla felicità  e il raggiungimento della medesima. Con il più classico dei metaforici “click”, durante l’ennesima discesa a tutta velocità  con la spettacolare e difficilissima tuta alare per le pendici del Cervino digitale, sono rimasto genuinamente colpito come non mi capitava da tempo di fronte a un videogioco. Immerso in un cielo torvo, coperto di nuvole al punto da fitrare il paesaggio in uno spettrale quanto spettacolare bianco e nero, mi sono reso conto che le felicità  di Steep sono soprattutto nella scalata, nel viaggio, nel trovarsi in mezzo a situazioni grandiose e nell’assistere al fascino della montagna come mai è stata ricreata prima.

SIAMO SUL PESANTE
Una dovizia di particolari straordinaria, che probabilmente parte proprio dal motore fisico che anima la gigantesca catena montuosa ricreata dallo studio transalpino di Ubisoft. Grazie a una gestione della fisica inedita per il genere, infatti, i diversi pendii hanno tutti un “carattere” proprio, mettendo in scena nevi più o meno morbide e granulari, crepacci aridi e ghiacciai, passaggi tra fitti alberi e scenari brulli che, fidatevi, fanno da subito tutta la differenza del mondo tanto sotto la tavola quanto sotto gli sci. Vedere la cedevolezza della neve che viene solcata dai piedi del nostro avatar mentre vola pericolosamente basso col parapendio è davvero poetico, ed è tutto merito di un sistema alla base del gioco che dà  a Steep un’anima completamente diversa dai suoi predecessori, esattamente a metà  tra la simulazione e lo spirito arcade che ha reso grande il genere nei primi anni Duemila. Nonostante l’immediatezza dei controlli possa infatti far subodorare un ritorno ai fasti più liberi e senza pretese, in cui potevi chiudere un trick senza problemi anche partendo da dei presupposti non esattamente esaltanti, Steep non sarà  mai davvero accogliente nei confronti degli spavaldi o di chi sottovaluta le leggi della fisica e della gravità . In altre parole, scordatevi di inanellare combo infinite nel giro di mezzo metro, di mantenere la velocità  di discesa dopo un half-pipe preso sottogamba, o tantomeno di atterrare incolumi dopo un volo da altezze siderali senza calcolare doviziosamente l’angolo di atterraggio. La complicità  è anche un sistema di stamina perfetto, che “spezza il fiato” del nostro avatar a seconda di quanta forza g si è incassata all’atterraggio/dopo una combo di trick particolarmente arzigogolata. Quella sensazione arcade di poter fare “tutto subito e alla grande” viene ingegnosamente e perfettamente mitigata, quasi a voler riportare il giocatore al suo posto e a ricordargli che, in fondo, nonostante le gare e il gigantesco parco giochi a disposizione, non si può davvero vincere contro la montagna.

DISCESA LIBERA
Steep, dunque, è un gigantesco parco giochi che, come da tradizione negli open world di Ubisoft, può e deve essere affrontato in compagnia degli amici in qualsiasi momento, un po’ per dissimulare la presenza dei partecipanti forniti dall’IA durante le gare, che davvero non aggiungono (né tolgono) nulla all’esperienza, sia per condividere le discese, gli scorci, e gli angoli magnifici degli scenari. Grazie alla mappa tridimensionale pazzesca (vastissima e liberamente visitabile dal macro al micro grazie a uno zoom fuori scala), in cui è davvero possibile perdersi (complice anche la gestione della visuale, che in una tale vastità  e in prossimità  delle pendici più alte ha qualche momento di ballerina défaillance), è possibile tenere a memoria tutte le linee solcate durante una discesa libera (e intendo proprio TUTTE quelle eseguite durante una sessione di gioco!), gestire i replay video (che possono essere guardati, modificati e condivisi), ma anche e soprattutto prendere una linea inedita e fatta da noi per trasformarla in un vero e proprio tracciato su cui sfidare gli amici secondo i criteri di sfida offerti dal gioco: tempo di percorrenza e/o punteggio delle evoluzioni, sia su tavola e sci che per via aerea.

BIG AIR
Se l’elemento “terreno” di Steep è straordinario nella sua immediatezza e assolutamente non banale nella messa in pratica, lo stesso si può dire dell’elemento aereo, costituito dalla già  citata tuta alare e dal parapendio. Entrambe le discipline sono molto più profonde di quanto il tutorial iniziale lasci intendere, e rappresentano probabilmente i due estremi dell’esperienza Steep tout court. La tuta alare, in effetti, racchiude la quintessenza dello sport estremo, un concentrato di adrenalina con cui solcare i cieli e – dietro a specifica domanda da parte del gioco e delle sue sfide – andare più vicino possibile al terreno per raggiungere la grandezza e il punteggio più alto, come fossimo un bizzarro Icaro la cui leggenda va vissuta al contrario. D’altra parte, il parapendio prevede anch’esso diverse sfide in cui misurarsi tra tempi “sul giro” e punteggi da racimolare sfruttando la prossimità  coi pericoli ambientali, le evoluzioni e le correnti ascensionali, proposte con una buona credibilità  a cui ragionevolmente si può perdonare un’assenza di venti laterali, che facilmente sarebbero stati poco interpretabili senza riempire lo schermo di indicatori. Tuttavia, proprio per la sua natura placida e antitetica rispetto alla frenesia delle altre discipline, il parapendio è forse il mezzo che più di tutti racchiude lo spirito esplorativo e zen di Steep. Girare le montagne alla ricerca di nuovi punti di interesse e nuove sfide standosene appesi alla gigantesca vela è un vero piacere, che rilassa e rincuora prima di scendere e pompare altra adrenalina nelle vene.

VEDERE PER CREDERE
A prescindere dall’approccio con cui vorrete affrontare le Alpi svizzere durante la vostra permanenza, va riconosciuto lo straordinario, encomiabile e addirittura commovente lavoro dello studio di Annecy, una delle mille realtà  interne alla scuderia di Ubisoft che, finora,  nel suo curriculum vantava principalmente l’implementazione del netcode nelle diverse produzioni uscite nel corso degli anni. Quelle stesse produzioni che, invero, sono state schernite più di una volta a causa di una realizzazione tecnica tutt’altro che perfetta, o che all’uscita erano falcidiate da nei che minavano lo status di “tripla A”. Ubisoft Annecy, dal canto suo, nel giro di sei mesi dall’annuncio che ha stupito tutti allo scorso E3, ha portato sugli sca ali il suo primo gioco completo, non solo senza sbavature evidenti o marchiani cali di prestazioni, ma anche facendoci vivere profondamente il senso e la magni cenza delle montagne con cui convivono quotidianamente, dall’altro lato del nostro Gran Paradiso. Come spero si evinca dagli scatti di queste pagine, trovarsi “immersi” tra le pendici di Steep sa essere spesso poesia in movimento, al netto della comicità  intrinseca di solcare la neve con una testa da renna o di qualche tentennamento nelle sezioni più concitate, durante le gare in notturna con altri partecipanti e in mezzo a tti boschi da animare all’unisono. Senza contare, inoltre, che Steep è davvero aperto e mosso con uidità  e velocità  straordinarie, tanto che i caricamenti dopo quello iniziale – che permette l’ingresso in un mondo di gioco persistente e always online – sono totalmente inesistenti, e gli spostamenti tra gli infiniti checkpoint disseminati sulle diverse pendici sono realmente istantanei, così come i restart nel momento di una gara andata storta. Ma, come dicevo, alla ne di Steep non importa davvero quello che otteniamo, le nostre prestazioni, i nostri obiettivi. La protagonista indiscussa di Steep è la montagna, e non potrebbe essere più bella di così.

COMMENTO

Più che un videogioco sportivo vero e proprio, Steep è un fantastico simulatore di vacanza sulla neve in cui, straordinariamente,
non dovete fare i conti con l’istinto di sopravvivenza: prendete il primo mezzo che vi capita tra quelli a disposizione e fateci quello che volete, senza temere troppo il game over o di non concludere al primo posto. Il senso di progressione, presente e testimoniato dall’infinito numero di gare sparse per le Alpi svizzere, è solo un pretesto collaterale che finirà  quasi subito per perdere di significato dinnanzi a un tramonto, a una discesa o a uno scorcio particolarmente intenso e poetico.

+ Realizzazione tecnica encomiabile

+ Mole di contenuti enorme

+ Immediato e adrenalinico…

– … ma non sempre facilissimo