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Bitcoin è già legale, non serve una nuova legge

Andrea Monti | 15 Ottobre 2017

LeggeBit

Le norme in Europa e USA consentono di dare valore legale ai Bitcoin senza scomodare governi e parlamenti.

Fin dalla sua nascita Bitcoin – la moneta digitale anonima e impersonale – ha scatenato la solita ridda di allarmi: aiuta terroristi e pedofili, consente l’evasione fiscale, mette in pericolo l’economia che, a sua volta, ha scatenato il solito riflesso pavloviano dei politici: “è necessaria una nuova legge!”.

In realtà, come spesso accade per le “cose della rete”, la nuova legge invocata da più parti è solo un modo per imporre censura, repressione e – in questo caso – la continua espropriazione del patrimonio individuale. Dal punto di vista pratico, è facile pensare ai Bitcoin come una “moneta”, ma quando affrontiamo la questione in termini giuridici le cose cambiano. Per la legge italiana Bitcoin non è una “moneta”, né l’equivalente di un assegno, una cambiale o di una carta di credito. E’ “soltanto” un bene al quale le persone scelgono liberamente di attribuire valore, come una vecchia macchina fotografica o un’automobile iconica di una certa epoca storica, il cui valore intrinseco è praticamente nullo, ma con un valore concreto di scambio altissimo.

Per capire meglio questo ragionamento, partiamo da alcuni elementi di economia. La moneta, in sé, non ha valore. Accettiamo un pezzo di carta colorato perché ci fidiamo che il qualcun altro che la riceve la accetterà, altrimenti il pezzo di carta rimane semplicemente tale. Questo è quanto accadeva durante la Guerra fredda, quando nei paesi oltrecortina venivano scambiate al mercato nero le valute occidentali – ufficialmente non ammesse – mentre dalle nostre parti nessuno si sognava lontanamente di accettare i Rubli. Per fare un esempio più recente, basta pensare al giorno successivo all’entrata nell’Euro: tutte le monete che avevamo in casa persero improvvisamente il loro valore e -improvvisamente – le abbiamo guardate come dei semplici “pezzi di metallo” lavorati. Dunque, per quanto strano possa sembrare, la moneta è soltanto una creazione della mente. Tutto questo, per dire che il potere di battere moneta è una prerogativa dello Stato sovrano. In altri termini, per acquisire lo stato giuridico di “moneta”, una moneta deve essere emessa (e garantita) da un potere pubblico. Dunque qualsiasi cosa priva di questa caratteristica non può, tecnicamente, essere chiamata “moneta” (questo è vero in Europa, ma non del tutto in USA, dove è possibile stampare in proprio la “private currency”).

Da queste premesse deriva che Bitcoin non è una “moneta” in senso tecnico. Ma allora potrebbe essere come un assegno, una cambiale o una carta di credito? No, perché assegni e cambiali sono regolati dalla legge, e – per quanto riguarda la carta di credito – nel mondo di Bitcoin manca la figura dell’emittente che, terza parte fidata – garantisce la transazione. Una soluzione possibile e coerente con la legge in vigore è considerare Bitcoin un “bene immateriale” come può essere scambiato con altri Bitcoin o con altri beni. Semplice, no? Naturalmente sono consapevole delle criticità sollevate dall’uso di Bitcoin che però – pensandoci un attimo – non sono diverse da quelle relative al contante o ai beni preziosi. Oro, diamanti e contante possono essere usati per fini illeciti, ma questo non li rende, in quanto tali, fuori legge. Lo stesso dovrebbe valere per Bitcoin.

Sfortunatamente, come spesso accade, i “professionisti della paura” lanciano i loro “allarmi”, invece di capire come il mondo si possa avvantaggiare di una brillante applicazione della matematica.