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Cpu, l’acqua che spegne il fuoco

Redazione | 28 Agosto 2012

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I dissipatori a liquido sono sempre più evoluti e semplici da installare: la prova di cinque soluzioni che consentono di […]

I dissipatori a liquido sono sempre più evoluti e semplici da installare: la prova di cinque soluzioni che consentono di spremere il massimo dal vostro processore, senza surriscaldarlo e in perfetto silenzio.

di Davide Piumetti

Sono ormai sempre meno gli appassionati di informatica che ricordano quando, una quindicina di anni fa, i processori dei personal computer erano sprovvisti di un dissipatore di calore. Ai tempi delle Cpu Intel 486 o dei primi Pentium, il calore prodotto era talmente poco che poteva essere tranquillamente dissipato per convezione, semplicemente esponendolo all’aria, anche calda, presente all’interno del case. Negli ultimi anni la tecnologia si è evoluta a tal punto da integrare un numero sempre maggiore di transistor all’interno del die dei processori, con consumi e temperature che sono cresciute sempre di più. La parallela evoluzione delle tecnologie produttive, che ha permesso in una ventina di anni di ridurre le dimensioni di un transistor dai 1.000 nm agli attuali 22 nm, è riuscita solo in parte a compensare il processo, che ha portato negli ultimi anni alla stringente necessità  di un sistema di dissipazione attivo sulle Cpu.

Nella tabella presente in queste pagine abbiamo riassunto la storia evolutiva dei processori Intel degli ultimi trent’anni mostrando come, oltre all’incremento della frequenza operativa, abbiamo assistito a grandi variazioni di tutti i parametri. Le prime Cpu erano composte da “soli” 29.000 transistor che, costruiti con un processo produttivo a 3.000 nm, avevano un’occupazione di circa 33 mm2.

Nel giro di pochi anni questi numeri sono cambiati drasticamente, con già  il primo Pentium costruito a 800 nm con ben 3,3 milioni di transistor e un’occupazione di ben 294 mm2. I consumi sono aumentati di conseguenza e dai valori di pochi watt delle prime Cpu si è rapidamente saliti a 15 e, in successione, si sono anche superati i 100 watt. Da notare come la superficie di un processore sia rimasta pressoché invariata a partire dal 1989 con il 486 di Intel, per motivazioni prevalentemente economiche. I processori sono infatti ricavati da wafer di silicio di diametro fissato a 200 (negli anni passati) o 300 mm (attualmente), motivo per cui da ogni fetta può essere ricavato un numero finito di processori. Il costo del singolo wafer è però fissato dalla produzione e dagli elevati costi delle fonderie di silicio, motivo per cui il costo di produzione di ogni processore dipende dalla sua area. Attualmente un wafer costruito con le ultime tecnologie può costare anche più di 10.000 dollari, con la diretta conseguenza che se su di esso sono prodotti 100 processori ognuno di esso costerà  all’azienda 100 dollari, mentre se ce ne stanno 200 di dimensioni inferiori il prezzo per unità  scenderà  a soli 50 dollari.

Fissata di conseguenza l’area massima per cui la produzione e vendita di processori può risultare profittevole (produrre 10 Cpu per wafer farebbe costare ciascuno di essi 1.000 dollari solo in produzione…), il numero di transistor per mm2 ha iniziato a crescere vertiginosamente dalle poche migliaia dei Pentium agli oltre 8 milioni attuali.

La potenza assorbita e il calore prodotto da dissipare hanno avuto un andamento simile e altalenante, con un crescendo costante che si è fermato nell’intorno dei 100 watt. Questo valore, o meglio quello del rapporto watt/cm2, è quello limite per i sistemi di dissipazione classici e nel complesso elevatissimo se consideriamo la piccolissima impronta del cuore della Cpu che genera questo intenso calore. I watt dissipati per cm2 si attestano infatti nei processori dell’ultima decade intorno ai 50, un valore che è incredibilmente vicino a quello dei sistemi di dissipazione di una centrale nucleare costruita alla fine del secolo scorso (per esempio molte delle centrali nucleari tedesche hanno un sistema di dissipazione in grado di rimuovere 62,5 watt/cm2 dal nucleo).

Lo stato dell’arte

Per dissipare tutto questo calore negli ultimi anni si sono evoluti sistemi sempre più complessi ma sempre basati sul classico concetto del diffusore di calore e di una ventola per la movimentazione dell’aria. Tutti i processori degli ultimi anni sono infatti venduti normalmente con un dissipatore piuttosto classico, costituito da un semplice blocco alettato (di alluminio o di rame sui modelli migliori) che assorbe il calore prodotto dal processore sottostante e che viene a propria volta raffreddato da una comune ventola posizionata sopra o a fianco di esso. Da qualche anno la tecnologia tradizionale è stata soppiantata sui modelli migliori e su tutti quelli aftermarket dai dissipatori che sfruttano le pompe di calore.

Questi modelli sono stati fino a oggi il miglior semplice sistema per la dissipazione del calore; sfruttando particolari conformazioni delle ventole e dei flussi d’aria per rimuovere il calore dal radiatore collocato sopra al processore. Calore che viene trasferito dal processore al corpo radiante non più per convezione diretta ma grazie al meccanismo delle heatpipe, dei piccoli tubi in rame pieni di gas lievemente in pressione e, a temperatura ambiente, prossimo alla condensazione. Appoggiandone una estremità  su un corpo caldo il meccanismo interno porterà  subito a uno scambio termico con l’altro capo del tubo, in modo da spostare fisicamente il calore sul corpo radiante collocato lontano dal processore. (…)

Estratto dell’articolo di 10 pagine pubblicato sul numero di settembre 2012