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Editoriale: stereotipi d’Italia

Giorgio Panzeri | 27 Ottobre 2010

Italia, terra di… pizza, pasta, mafia e scooter. Altro che poeti e navigatori. Di Giorgio Panzeri Lo stereotipo della nostra […]

Italia, terra di… pizza, pasta, mafia e scooter. Altro che poeti e navigatori.

foto x editorialeDi Giorgio Panzeri

ICON_EDICOLALo stereotipo della nostra bella nazione nel mondo è proprio vecchio, logoro, offensivo e inaccettabile. E questo stereotipo ha fatto capolino anche in un’applicazione per l’iPhone e l’iPad, chiamata “What country”, un software che serve a viaggiare virtualmente stando comodamente seduti in poltrona. Cominciamo subito con una imperdonabile dimenticanza: dov’è il mandolino? Già , perché nel classico stereotipo dell’Italia i capisaldi della nostra civiltà  sono quattro: pizza, pasta, mafia e mandolino. Ma in What country il mandolino s’è perso per strada. Forse con la crisi siamo diventati meno canterini e abbiamo venduto il mandolino. Però abbiamo conquistato lo scooter.

Non ci sono stati (per fortuna) comitati di protesta per la mancanza del mandolino, ma tanti si sono indignati e hanno gridato allo scandalo. Io sono un po’ perplesso. No, no, capiamoci bene, non sto certo difendendo chi ci dipinge mangiatori di spaghetti, pizzaioli, mafiosi e scooteristi della domenica. Anzi, bene hanno fatto tutti, dai singoli cittadini al Ministro del Turismo Michela Brambilla, a protestare vivacemente e a chiedere ad Apple di togliere l’offensiva applicazione dal suo store. Mi sono unito anch’io al coro di proteste. Ma, mi chiedo, abbiamo veramente fatto di tutto per presentare a chi viene da noi per vacanza o per lavoro un’Italia attiva e moderna (anche tecnologicamente)?
Che l’Italia sia la nazione europea più ricca di storia e cultura, che sia il Paese ideale per le vacanze e che sia il luogo dove si mangi meglio al mondo, penso che sia evidente a tutti. Alla fine anche questi sono stereotipi, ma positivi. Quello che però ci manca, e che ci relega in fondo tra i Paesi industrializzati, è la tecnologia. L’esempio che calza a pennello riguarda la diffusione del Wi-Fi negli alberghi e degli Access Point gratuiti sia comunali sia gestiti dai locali pubblici. Vi siete mai chiesti perché in Italia la maggioranza degli iPad venduti siano col modem 3G? Perché è difficile, se non quasi impossibile, sedersi al bar o su una panchina al parco e scaricare le posta o navigare sul Web sfruttando un Wi-Fi gratuito. E questo perché la legge Pisanu contro il terrorismo del 2005 impone a chi vuole navigare su una rete gratuita di identificarsi. Cioè di fornire un proprio documento d’identità  per avere nome utente e password temporanei per accedere al Wi-Fi. Vi faccio un esempio: qualche anno fa è partita una bella sperimentazione del Comune di Milano che ha connesso senza fili il parco Sempione per permettere a tutti di navigare gratis, offrendo anche una vasta gamma di servizi comunali accessibili via Web. Eppure sono veramente pochi coloro che sfruttano il servizio, perché per poter usare il Wi-Fi gratuito occorre trovare il punto di distribuzione della scheda con i dati di accesso, che si può avere solo dopo essersi accreditati. E i punti di distribuzione dove sono? E dopo un’ora che sono collegato devo tornare a riaccreditarmi?
Ma non è finita qui. La stessa legge ha inasprito anche le procedure per la fornitura del Wi-Fi da parte degli esercenti di servizi pubblici. Per esempio, un coffee shop che volesse offrire il Wi-Fi ai propri clienti avrebbe bisogno di un particolare permesso dalla Questura e dovrebbe schedare, conservando tutte le informazioni in merito, tutti coloro richiedono l’accesso alla rete.
Gli Access Point gratuiti, invece, sono importantissimi proprio per migliorare la qualità  dei servizi offerti a chi viene in Italia per turismo o lavoro. Sono stati fatti ingenti investimenti per il sito Italia.it, dedicato in modo specifico ai turisti stranieri, ma questi turisti come arrivano a sfogliare le pagine del sito se non c’è la connessione?

Pensando a New York una delle prime immagini che affiorano alla mente è quella dello studente o del manager che vanno a prendere un caffè da Starbucks, si siedono al tavolino e mentre si godono la loro bevanda calda navigano sul Web o scaricano la posta. O che mangiano al parco mentre sono “connessi” con la loro community. È anche questo uno stereotipo, oltretutto non più vero perché il Wi-Fi a Starbucks non è più gratuito, ma genera un’immagine trendy e tecnologica di una nazione. Perché non può esser così anche per l’Italia? A fianco della storia e della cultura, del buon cibo e di panorami mozzafiato, perché non permettiamo all’infrastruttura di crescere? Non c’è un limite tecnologico, ma ci deve essere la volontà  politica.

https://www.pcprofessionale.it/2010/10/27/editoriale-stereotipi-ditalia/