Come sta reagendo l’industria informatica e in generale l’impresa italiana alla grande crisi che dal comparto finanziario si è spostata all’intera economia mondiale?
Nel presentare il consuntivo sull’andamento del mercato informatico e delle Tlc nel 2008, Assinform ha voluto rendere noti i risultati della prima indagine congiunturale sulle aziende del settore IT svolta in questi mesi sulle imprese socie, e a cui hanno dato risposta circa il 25% tra grandi e medie organizzazioni.
A fronte di un 2008 che si chiude con un rallentamento di tutta l’economia globale, compresa quella dei paesi emergenti, l’informatica italiana dimezza il suo tasso di crescita dal 3,6% del semestre precedente all’1%, ma se confrontata con il PIL che scende al -0,2% il settore IT non sembra poi andar così male. I feedback raccolti da Assinform nel suo survey sulle imprese mostrerebbero una sostanziale tenuta degli investimenti in IT da parte delle imprese di importanti categorie produttive e una generale tendenza a reagire alla crisi ricorrendo all’innovazione. Sono sorprendentemente proprio le piccole e medie imprese (quelle con fino a 250 dipendenti che in Italia rappresentano il 40% della domanda di IT ) a reagire alla crisi non tagliando gli investimenti in innovazione previsti per il 2008 e per il 2009. In particolare la domanda di tecnologia tiene di più nei settori della distribuzione, industria e utilities mentre nelle grandi organizzazioni prevale una generale tendenza alla riduzione dei budget soprattutto nei comparti della Finanza, PA, Tlc e media. Questo porta Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, a pensare a una 2009 di sostanziale tenuta per il mercato ICT, certo non di crescita, ma di stabilità dovuta proprio ai progetti IT già in corso.
Naturalmente il rallentamento negli investimenti c’è e ci sarà ancora nei prossimi mesi; la prudenza delle imprese nel partire con nuovi progetti e la cancellazione di quelli superflui, la rinegoziazione dei contratti di outsourcing da parte di alcuni grandi clienti, la difficoltà nell’accesso al credito e la generale frenata nei consumi da parte delle famiglie sono le ragioni per cui l’informatica dimezza il suo tasso di crescita rispetto a sei mesi fa.
L’hardware in particolare è quello che soffre di più: la forte di domanda di netbook che ha caratterizzato gli ultimi sei mesi non basta a risollevare le sorti di un comparto dove la crescita in volumi è ormai da tempo nettamente superiore a quella in valore. Il software invece tiene (+3,3%) perché nelle aziende sono in atto progetti importanti di virtualizzazione, consolidamento e integrazioni applicazioni che non possono essere interrotti e poi perché in certi settori come le banche e le TLC ci sono obblighi di legge che non consentono di rimandare gli investimenti.
Anche nelle TLC la crescita debole (+ 0,8%) : l’anno che sta per finire ha visto aumentare la competizione tra gli operatori mobili e una maggiore concorrenza fisso-mobile, ma l’incertezza sul destino dell’infrastruttura di rete dell’incumbent continua a frenare i nuovi investimenti.
Per il 2009 Assinform si allinea alle stime diffuse settimana scorsa da Confindustria che parlano di un PIL a crescita negativa (-1%). Il messaggio che arriva dall’Associazione Italiana per l’Information Technology vuole tuttavia essere positivo ed è rivolto a quell’Italia che innova e che non può smettere di competere. Capitani cita il piano di Obama sull’energie rinnovabili e il risparmio energetico come un filone che insieme al Green IT può aiutare le aziende a investire in tecnologia risparmiando, poi c’è una domanda di outsourcing più forte, i nuovi servizi su banda larga che dovrebbero diffondersi con il Wi-Max, il processo di digitalizzazione della PA in corso e qui venti milioni di navigatori italiani che sono sempre più il baluardo tecnologico del nostro paese.
La strategia di risposta delle imprese alla crisi sta quindi nel fare leva sull’innovazione e non sulla scelta più ovvia, se pur comprensibile, di riduzione dei costi. Il rinvio di progetti innovativi, ha detto in conclusione Capitani –è pericoloso non solo per il settore in generale ma per le aziende stesse che traggono vantaggi solo a breve periodo. Il costo del non investimento è sicuramente maggiore infatti del costo dell’investimento.