In questi ultimi giorni, un blogger che si occupa di un portale dedicato al mondo dello sport è stato condannato per concorso alla diffamazione del presidente FGCI – Carlo Tavecchio – a causa della mancata rimozione tempestiva di un commento pubblicato da un utente, che è stato considerando appunto di natura denigratoria da parte della Corte di Cassazione.
La sentenza ha aperto chiaramente un dibattito circa la questione della responsabilità da parte dei blogger per i commenti dei lettori – una questione che è stata esclusa dalla CEDU – tuttavia, la stessa va riferita più propriamente ad un caso di diffamazione, almeno secondo quanto ha statuito in casu la Suprema Corte.
Il gestore del portale è stato condannato al pagamento di 60’000 euro di danni a favore di Tavecchio, tuttavia, lo stesso globber ha sostenuto di non aver mai preso conoscenza del commento diffamatorio (il presidente FGCI era stato definito un “emerito farabutto” e “pregiudicato doc”) fino al momento in cui ha ricevuto una lettera di sequestro dello stesso portale, circostanza verificatasi al rientro dalle vacanze.
Dal canto suo, il responsabile della diffamazione ha mostrato un’e-mail all’interno della quale il commentatore ha pure allegato una copia del certificato penale del presidente FIGC. In sentenza, però, i giudici hanno rimarcato come il proprietario del blog abbia pubblicato un post – in risposta alla FIGC – per chiarire i contorni della vicenda, in cui si fa riferimento alla fedina penale dello stesso Tavecchio, ricevuta proprio dal commentatore responsabile della diffamazione.
Questo particolare ha quindi fatto propendere la Corte di Cassazione per la considerazione che il gestore del blog fosse a conoscenza del commento incriminato – e quindi della sua natura potenzialmente diffamatoria – con il risultato che, non avendolo eliminato, lo stesso blogger è stato ritenuto essere in concorso alla commissione del reato, per quanto perpetrato da un’altra persona che abbia pubblicamente indicato le sue generalità .