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Da Harvard le batterie organiche realizzate con molecole di vitamina B2

Davide Micheli | 21 Luglio 2016

Alcuni ricercatori della famosa università  di Harvard sono riusciti a realizzare una batteria organica che sfrutta delle molecole modificate di vitamina B2.

La ricerca di soluzioni tecnologiche sempre più evolute per la realizzazione di batterie dalle performance ottimali, stavolta, passa per i laboratori dell’Università  di Harvard, negli USA, dove alcuni ricercatori sono riusciti a a creare una batteria di flusso di tipo ricaricabile a partire da elettrolita organico, che sfrutta in sostanze le molecole di riboflavina – quella che è conosciuta più comunemente come vitamina B2.

I ricercatori del prestigioso ateneo statunitense sono giunti a questo risultato in seguito ad un progetto di ricerca, iniziato alcuni anni fa, attraverso il quale hanno cercato di individuare una soluzione che permettesse di stoccare l’energia elettrica prodotta attraverso i sistemi eolico e fotovoltaico, e ora una buona opzione potrebbe essere finalmente stata trovata grazie alla realizzazione delle batterie di flusso a base di molecole di vitamina B2.

Queste speciali batterie ricaricabili utilizzano degli elettroliti (a base di riboflavina) che sono conservati in serbatoi separati: attraverso un sistema di pompaggi, gli elettroliti vengono trasportati nella cella elettrochimica, dove l’energia chimica viene convertita in elettrica. Per giungere a questa soluzione, i ricercatori si sono ispirati a ciò che avviene nel corpo umano, dove la vitamina B2 viene usata per estrarre carboidrati dagli alimenti.

Sfruttando due proprietà  importanti della vitamina B2 – che sono la stabilità  e la solubilità  – i ricercatori hanno spiegato che sarà  possibile realizzare batterie di flusso con molecole modificate di riboflavina per correnti ad elevata tensione, assicurando nel contempo una buona capacità  di accumulo dell’energia, il tutto con un processo produttivo molto semplice, che permetterà  di creare batterie ad alta efficienza a costi competitivi.

Ecco qui di seguito un video esplicativo del lavoro svolto dai ricercatori di Harvard: