Per l’accesso ai dischi fissi con interfaccia Ata, il vecchio metodo d’indirizzamento geometrico Chs (Cilindro, testina, settore) è stato rimpiazzato ormai da diversi anni dallo schema Lba (Logical block addressing), che consiste nella traduzione dei parametri fisico/logici Chs del disco in un’enumerazione progressiva dei blocchi logici a partire da Lba=0. Nella sua prima versione, il metodo Lba adottava un indirizzamento a 28 bit: poteva cioè gestire fino a 228 blocchi logici (268. 435.456 blocchi). Poiché i settori hanno una dimensione di 512 byte, ciò risultava in un limite di 137 Gbyte per unità (per convenzione, in un disco fisso 1 Gbyte equivale a 1 miliardo di byte).
L’indirizzamento Lba è stato poi rivisto e la numerazione dei blocchi avviene ora con un contatore a 48 bit. In questo modo è possibile gestire periferiche con capacità massima di 144 Pbyte (1 Petabyte equivale a 1.000 Tbyte). Possiamo quindi rassicurare il lettore: una volta tanto è stato sviluppato uno standard che sarà in grado di tenere il passo con lo sviluppo tecnologico ancora per molti anni.
Non ci saranno quindi problemi nell’installare il disco da 1,5 Tbyte nella sua attuale configurazione hardware, che supporta pienamente le specifiche Lba a 48 bit. Un altro fattore che può influenzare la gestione delle memorie di massa è il file system utilizzato dal sistema operativo. Anche sotto questo punto di vista, però, non dovrebbero presentarsi problemi.
Tutti i sistemi operativi implementano ora file system adeguati alle memorie di massa di ultima generazione. In Windows il formato Fat16 è stato aggiornato e sostituito da Fat32, che gestisce partizioni da 8 Tbyte. Anche considerando alcune limitazioni intrinseche della struttura del boot sector negli hard disk con settori di 512 byte, è sempre possibile indirizzare senza problemi partizioni fino a 2 Tbyte.
Nella pratica, però, è più probabile che gli utenti preferiscano file system più efficienti e strutturati in maniera moderna, come Ntfs, disponibile in tutti i sistemi operativi Windows basati su tecnologia Nt. Questo file system è in grado di gestire partizioni di 16 Tbyte mantenendo una dimensione del cluster di soli 4 Kbyte. Sono però supportate dimensioni del cluster fino a 64 Kbyte, che consentono di indirizzare volumi fino a 256 Tbyte.
I primi problemi potrebbero presentarsi con i dischi di dimensione superiore ai 2 Tbyte: in questi dispositivi potrebbe essere necessario eseguire una divisione dello spazio, in quanto la partizione di boot (quella che contiene il sistema operativo) attualmente non può superare i 2 Tbyte. Per recuperare la capacità eccedente delle memorie di massa di dimensione superiore sarà necessario creare una seconda partizione.
Per quanto riguarda le utility di deframmentazione non dovrebbero presentarsi incompatibilità : non ci sono infatti cambiamenti nella struttura del file system al variare della dimensione della partizione. Inoltre, queste utility accedono al disco tramite le funzioni di input/output di Windows e il supporto alle partizioni, fino alla massima dimensione prevista, dovrebbe quindi essere garantito dallo stesso sistema operativo.
Un discorso a parte meritano invece i software di partizionamento e di drive imaging: queste utility accedono a basso livello alle memorie di massa, senza mediazione, e devono quindi implementare in maniera autonoma tutte le funzioni necessarie per eseguire le operazioni di modifica alla struttura del file system. È quindi possibile che alcune di queste utilità non siano in grado di gestire gli hard disk che superano una certa dimensione e perciò debbano essere aggiornate. Purtroppo, non vi è alcun modo per eseguire verifiche preventive: limitazioni come queste diverranno evidenti solo con l’evoluzione e l’effettiva disponibilità al pubblico delle nuove memorie di massa.