Una volta i fotoreporter erano armati solo di macchine a pellicola e i preziosi rullini, dopo viaggi talvolta lunghi e avventurosi, finivano su quotidiani e riviste per informare la gente di cosa stava succedendo nel mondo. Poi è arrivato il digitale, sono arrivati gli scanner, Photoshop, Internet, l’e-mail, il Web, la banda larga, le D-Slr. E con il Web 2.0 anche la fotografia è diventata 2.0. Non solo per l’aumento esponenziale delle immagini e per la rapidità della loro pubblicazione – scatti, editi, spedisci via email o fai l’upload sul sito Web o sul blog per metterle immediatamente online – ma anche per i nuovi linguaggi nati con i nuovi mezzi.
Nuovi media, nuove forme di comunicazione, nuovi modi di presentare i contenuti. Una delle tendenze più interessanti è quella dei cosiddetti “motion”, brevi documentari da proiettare durante le mostre o diffusi sul Web in formato Flash e che alla fotografia, l’ingrediente principale, mischiano contributi audio/video, testi e grafica. Un orientamento, quello di miscelare immagini statiche e in movimento, destinato probabilmente a consolidarsi ora che le più recenti fotocamere digitali compatte e reflex sono in grado di acquisire filmati in Alta definizione.
Pioniere di questa nuova formula è stata la famosa agenzia Magnum, fondata nel 1947 da Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, George Rodger e David Seymour. Il suo catalogo conta già ora più di cento motion e se volete un esempio delle capacità comunicative di questo strumento dedicate un’ora del vostro tempo alla visione di “Access to life” (https://accesstolife.theglobalfund.org), uno straordinario reportage realizzato da otto fotografi dell’agenzia sul problema dell’Hiv e dell’accesso alle terapie antiretrovirali in nove Paesi del mondo.
Fotografia 2.0 i nuovi linguaggi del digitale
Una volta i fotoreporter erano armati solo di macchine a pellicola e i preziosi rullini, dopo viaggi talvolta lunghi e […]