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Musica in streaming: avanza Spotify, arretra YouTube

Davide Micheli | 7 Luglio 2016

Internet Servizi Web

All’interno del panorama della musica in streaming, YouTube inizia a perdere terreno a favore dei servizi come Spotifiy e Apple Music, con l’audio che si prende una rivincita sul video.

È un mercato molto promettente quello della musica in streaming: dopo il successo fatto registrare da Spotify, il lancio del servizio di Apple Music e l’arrivo di importanti novità  da Amazon per quanto riguarda lo streaming musicale, la conferma dell’importanza strategica di questo settore ci giunge da un report di una società  – BuzzAngle Music – che mette in evidenza come le piattaforme di streaming musicale con solo audio vadano alla grande.

Nel già  citato rapporto, infatti, la società  arriva ad indicare come la musica sia sempre più fruita attraverso lo streaming online e, soprattutto, i servizi esclusivamente audio arrivano a far meglio di un mostro sacro come YouTube: sebbene i dati – che riguardano il primo semestre 2016 – siano relativi al mercato a stelle e strisce, c’è da credere che questo trend possa diventare nel corso degli anni un fenomeno globale.

In cifre, secondo il report, da gennaio a giugno 2016 – negli USA – le persone hanno attivato 114 miliardi di streaming audio attraverso i servizi di Spotify, Apple Music, Tidal e Rhapsody – un totale che è pari al doppio di quanto si è registrato nel corso di 12 mesi – contro un numero complessivo di 95 milioni di streaming da YouTube, Dailymotion e altri portali, con una crescita del 23 percento rispetto ai numeri del 2015.

Il settore della musica in streaming – tanto video quanto audio – ha conosciuto negli Usa una crescita del 58 percento, una performance molto interessante e che, soprattutto, non tiene conto delle radio in streaming quali Pandora.

In questa evoluzione costante del mercato discografico, poi, è interessante notare come sia cresciuto del 17,3 per cento anche il comparto dei dischi in vinile, contro una contrazione delle vendite di file digitali (pari al 17,7 per cento) e dei CD (11 per cento).