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Security

Manager di Google condannati per il video rimasto on line

Redazione | 26 Novembre 2009

Sicurezza

L’accusa è di diffamazione e violazione della privacy. Lasciarono on line troppo tempo il video di un ragazzo disabile maltrattato […]

L’accusa è di diffamazione e violazione della privacy. Lasciarono on line troppo tempo il video di un ragazzo disabile maltrattato dai compagni di scuola.
logo googleE’ ancora un volta la privacy il tallone d’Achille di Google, chiamata in giudizio proprio in Italia per un video andato on line nel 2006, quando ancora esisteva il servizio il Google Video, che ritraeva un ragazzo disabile mentre veniva maltrattato dai compagni di scuola.
ll video suscitò reazioni di protesta e sdegno da parte di numerosi utenti e associazioni di tutela dei disabili e fu infine tolto, ma sui dirigenti di Google calò l’accusa di non aver adeguatamente vigilato sul servizio e di aver consentito che restasse on line per troppo tempo. Essendo il fatto accaduto a Torino, a pronunciarsi è stata proprio la giustizia italiana e la richiesta di condanna giunta ieri dal tribunale di Milano (dove ha sede Google italia) verso i quattro dirigenti responsabili, ha fatto il giro del mondo, tanto che oggi il New York Times vi dedica un bell’articolo.
La richiesta della corte è stata infatti di una pena di un anno di detenzione per David Drummond, senior vice president e Chief legal Officer, Peter Fleischer, responsabile della Privacy in Google, e George Reyse, Chief Financial Officer. Per una quarta persona, Arvind Desikan, è stata richiesta la condanna a sei mesi di detenzione.

L’accusa ha fatto leva sul fatto che il famigerato video era stato postato nel settembre del 2006 e rimase on line fino al 7 Novembre. Un periodo troppo lungo, sostengono gli avvocati, in cui peraltro Google ricevette numerosi messaggi da parte dei nagivatori, sconvolti per le immagini offensive e di cattivo gusto. Ma Google ribatte che i tempi sono stati quelli dettati dalla legge italiana e dell’Unione Europea, a cui Mountain View si è scrupolosamente attenuta.

Il mese prossimo Google presenterà  la sua difesa ufficiale. Sul procedimento dovrà  dire la parola finale il giudice ma se i legali di parte riusciranno a convincerlo che da parte di Google c’è stata quanto meno negligenza nel gestire la cosa, per Mountain View potrebbero esserci ripercussioni anche sulle modalità  con cui vengono offerti certi servizi in Italia e nel resto di Europa (ad esempio con l’adozione di filtri che impediscano la diffusione di video offensivi).
Il caso è emblematico di come anche per una società  del calibro di Google sia di fatto diventato difficile gestire l’enorme quantità  di dati e soprattutto immagini postati dagli utenti nell’era del web 2.0. L’ultimo imbarazzo è storia di pochi giorni fa, quando nella ricerca immagini per la first lady Michelle Obama, è apparsa un’immagine offensiva e razzista nei suoi confronti. Google ha segnalato il risultato di tale ricerca come offensivo e ha messo una nota sotto l’immagine incriminata in cui si legge ” a volte i risultati delle nostre ricerche possono essere offensivi, ci scusiamo se la vostra esperienza con Google è stata spiacevole”.