Non si ferma la polemica negli Stati Uniti sulle intercettazioni dei dati degli utenti, parte del programma di intelligence segreto PRISM voluto dall’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (National Security Agency). Le principali Internet company coinvolte nello scandalo, Google, Facebook e Microsoft, hanno chiesto l’autorizzazione al governo statunitense di pubblicare le richieste dei log degli utenti pervenute sotto l’ombrello della Fisa (Foreing Intelligence Surveillance Act). Si tratta di dati ultra segreti di cui spesso le stesse società non sono a conoscenza.
Google in particolare ha scritto una lettera per mano del suo ufficio legale, all’Avvocatura generale dello Stato e all’Fbi chiedendo di poter includere tutte le richieste di login e dati degli utenti pervenute dal Governo, all’interno del Google Transparency Report, dove già periodicamente vengono pubblicate le analisi di tali dati.
In sostanza il gigante di Mountain View non ci sta a far la figura di fronte all’opinione pubblica mondiale di aver dato accesso ai suoi server e ai dati degli utenti alla Nsa. Il danno di immagine sarebbe enorme e la fiducia degli utenti nei servizi Google riceverebbe un duro colpo. ” Per quindici anni abbiamo lavorato per rendere sempre più sicure le nostre comunicazioni e proteggere i dati dei nostri clienti” scrive oggi la società di Mountain View alla autorità federali. Il governo americano non ha dato informazioni precise su quante richieste effettive della FISA siano state ricevute, né sul numero di account coinvolti”. Per questo Google chiede di poter pubblicare i dati segreti della National Security Agency, così da mostrare che con ogni probabilità il numero di utenti coinvolti è decisamente inferiore a quello che si immagina.
Un’identica mossa hanno fatto anche Facebook e Microsoft: il social network ha chiesto al Governo americano un atto di trasparenza che consenta a tutti gli utenti di avere una fotografia completa delle richieste che arrivano al social network, in termini di dati e tracciamento dei suoi membri. Il punto nodale rimane sempre uno solo: è vero o meno che queste società avevano di fatto una backdoor aperta sui loro server per le richieste dalla Nsa e che quindi le autorità governative avevano un accesso diretto ai loro server? Google nega di aver mai consentito una cosa del genere: quando ci sono state richieste legittime, i dati sono stati trasferiti via ftp o addirittura portati a mano alle autorità competenti. E la stessa linea seguono Facebook e Microsoft. Intanto l’opinione pubblica e il mondo di Internet chiedono una spiegazione: Mozilla Foundation ha promosso l’iniziativa StopWatching. Us, un appello contro lo strapotere del Patriot Act che giustifica ogni intrusione nella privacy dei cittadini e che con il comportamento seguito nell’affare Prism ha violato anche i principi costituzionali su cui si fonda l’America.
Tim Berners Lee, padre del World Wide Web, ha detto al Financial Times che “La sorveglianza del governo senza garanzie è un’intrusione nei diritti umani più basilari che minaccia le fondamenta di una società democratica”.
I firmatari di StopWatching Us chiedono una riforma di alcuni articoli del Patriot Act americano così da proibire per legge ogni futura intercettazione delle comunicazioni Internet e telefoniche dei cittadini Usa. Più di 27.000 persone hanno sottoscritto l’appello e tra queste vi sono anche organizzazioni prestigiose come l’American LibraryAssociation, WorldWide Web Association, ed Electronic Frontier Foundation.