Potrebbe rappresentare un precedente importante nella giurisprudenza dell’e-commerce e decisamente a sfavore di eBay e in generale per il mondo delle vendite on line. Il tribunale di Parigi si è pronunciato ieri sulla causa intentata nel 2006 dal gruppo Louis Vuitton contro eBay, condannando il sito d’aste al risarcimento di 40 milioni di euro per aver consentito che merce contraffatta (borse, orologi, profumi) o originali non autorizzati alla vendita tramite Internet, fossero acquistati in grande quantità . eBay dovrà inoltre togliere dal sito tutti gli articoli del marchio Louis Vuitton, contraffatti e non, e non potrà più vendere nulla dei marchi facenti capo alla multinazionale francese del lusso.
Il problema della contraffazione era una spina nel fianco di eBay già da tempo, e lo testimoniano le altre cause in corso con produttori del calibro di Tiffany (la cui richiesta di risarcimento danni si aggira intorno ai 30 miliardi di dollari), Rolex, Christian Dior e altre grandi firme. Il sito d’aste si è sempre difeso rivendicando il ruolo di semplice intermediario nelle vendite on line e facendo ricadere la responsabilità finale sul singolo venditore relativamente alla scelta degli oggetti da mettere in vendita.
Ma il giudice del tribunale francese ha evidenziato come da ogni transazione andata a buon fine eBay ne traesse un guadagno attraverso le commissioni applicate e come quindi non potesse dichiararsi estranea all’intero meccanismo. Proprio questo è secondo il tribunale di Parigi, l’elemento più importante della sentenza, alla quale peraltro eBay ha già annunciato di voler fare ricorso in appello.
Il sito d’aste ha anche ricordato gli sforzi fatti finora per combattere la contraffazione: circa 20 milioni di dollari spesi ogni anno e 2000 persone impegnate a bloccare le vendite di oggetti non appena venivano riconosciuti come contraffatti. Ma evidentemente ciò non è bastato anche perché accanto ai falsi c’erano anche articoli originali come profumi di grandi marche (Kenzo, Guarlain, Givenchy, Christian Dior) che non erano autorizzati al canale delle vendite on line. Nel commentare la sentenza eBay ha parlato di mero protezionismo di mercato a spese degli utenti e di quanti legalmente operano su eBay con attività legittime. Secondo il sito d’aste insomma le multinazionali del lusso sarebbero più interessate a difendere i propri recinti dall’avvento dei canali alternativi come l’e-commerce, che non a combattere il fenomeno della contraffazione. Una tesi già sentita in passato. Così come già in passato il gruppo capitanato da Bernard Arnault era stato protagonista di altre cause verso Internet company, la più recente delle quali è quella poi vinta nei confronti di Google accusata di pubblicizzare nei suoi Ads link a siti che vendevano merce contraffatta con il marchio Louis Vuitton.
Questa volta però se dovessero essere confermati in appello gli orientamenti del tribunale parigino per eBay si aprirebbe una spirale senza fine di richieste di risarcimento per analoghi casi di contraffazione.