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Italia: Facebook finisce in tribunale per un caso di revenge porn

Davide Micheli | 23 Novembre 2016

Social

L’azienda di Mark Zuckerberg è stata citata in tribunale per un caso di revenge porn nel nostro paese: a Facebook si rimprovera un’assenza di controllo nei confronti degli utenti che abusano dei tool disponibili.

Dopo il caso irlandese, questa volta Facebook ha ricevuto una citazione in giudizio nel nostro paese, dove il social network viene rimproverato a causa di uno scarso controllo sulle attività  abusive compiute dai suoi iscritti attraverso la piattaforma, in un caso di revenge porn che potrebbe veramente lasciare il segno per il modo in cui viene affrontata la vicenda.

Un paio di anni fa, nel momento in cui un rapporto amoroso tra un uomo e la sua compagna si è concluso, quest’ultimo ha deciso di creare un falso profilo sul social network di Mark Zuckerberg, utilizzando il nome della stessa ragazza, caricando contenuti intimi per cercare di ottenere una forma di rivalsa per l’angheria subita dalla ex.

Quest’ultima, però, in questo caso ha deciso di citare in giudizio non soltanto l’uomo responsabile della malefatta, bensì, anche Facebook e Mark Zuckerberg, con lo scopo di ottenere delle risposte circa i motivi per i quali il social network non si adoperi in maniera più decisa per contrastare gli abusi commessi dai suoi utenti, andando oltre il minimo che gli sia richiesto per legge.

Il social network, dal canto, ha sottolineato a più riprese come sia impossibile monitorare in maniera efficace e proattiva tutte le attività  compiute dalle persone, individuando con un sistema di controllo capillare ogni abuso nello stesso momento in cui viene commesso: ciò sarebbe tecnicamente impossibile in ragione della miriade di contenuti pubblicati dalle persone in ogni istante.

Ma la donna intende rimproverare all’azienda di Menlo Park una “condotta omissiva, considerando come la stessa non avrebbe individuato una soluzione per verificare l’identià  di coloro i quali aprono gli account, nonché la legittimazione ad associare agli stessi un nome ed un cognome.”

Ad occuparsi della vicenda è la Procura della Repubblica di Torre Annunziata: staremo a vedere quali saranno le conseguenze di questa vicenda e, eventualmente, come questa sentenza possa contribuire ad individuare dei limiti entro i quali il social network sia chiamato a muoversi per assumersi una maggiore responsabilità  nel contrasto degli abusi degli utenti.