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Obama dice no alla legge anti-pirateria per Internet

Redazione | 16 Gennaio 2012

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Negli Stati Uniti infervora il dibattito sulla pirateria on line e sul ruolo dei principali player del web nel diffondere […]

Negli Stati Uniti infervora il dibattito sulla pirateria on line e sul ruolo dei principali player del web nel diffondere con i loro servizi (Google in testa) contenuti protetti dal diritto d’autore. Durante il weekend l’amministrazione Obama si è schierata apertamente contro i promotori del nuovo disegno di legge (il SOPA, Stop Online Piracy Act) in fase di approvazione al Congresso, che costringerebbe le Internet company a bloccare l’accesso ai siti stranieri con contenuti in aperta violazione delle leggi statunitensi di tutela del copyright. Il nuovo testo di legge vieterebbe anche ai motori di ricerca di riportare nei risultati di ricerca i link agli indirizzi pirata, estendendo tale divieto anche ai network americani che distribuiscono ads pubblicitari.

La risposta della Casa Bianca è stata chiara: “Ogni sforzo per combattere la pirateria on line deve salvaguardare dal rischio della censura e di inibire l’innovazione nelle piccole e grandi imprese” ha dichiarato Howard Schmidt, rappresentante per la cybersicurezza dell’amministrazione Obama, aggiungendo che la Casa Bianca è pronta a collaborare con i legislatori per la stesura di un provvedimento più ristretto e mirato a combattere la diffusione illegale di contenuti protetti, senza però soffocare sul nascere il business di molte Internet start-up. Una posizione che non è piaciuta alle major cinematografiche e all’industria che produce contenuti per il web, uno su tutti il magnate Rupert Murdoch, che su twitter, ha inviato un post molto duro nei toni nei confronti di Barack Obama (accusato di essersi schierato con i big della Silicon Valley che minacciano tutta l’industria del software, avvallando la pirateria) e in particolare con Google, definito “il laeder della Pirateria” per i suoi servizi di streaming video gratuito.

Un’accusa che il gruppo di Mountain View non ha gradito ricordando il contributo dato lo scorso anno nel togliere dall’elenco dei risultati di ricerca 5 milioni di link a pagine web in aperta violazione di copyright, investendo più di 60 milioni di dollari nella battaglia contro gli ads contenenti link a siti pirata. Ma forse, conclude il gigante di Mountain View, si può trovare qualcosa di meglio che costringere le Internet Company americane a censurare il web.