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NBA 2K17 – La Recensione

Redazione | 18 Novembre 2016

Gaming

Kobe Bryant, da Filadelfia passando per l’Italia, non sarà  stato il più grande cestista in termini assoluti, ma di sicuro […]

Kobe Bryant, da Filadelfia passando per l’Italia, non sarà  stato il più grande cestista in termini assoluti, ma di sicuro quello con più fame di vittoria e quello con più voglia di cercare ostinatamente la perfezione, anche a costo di essere antipatico. Il Black Mamba, letale come pochi, è il talent d’eccezione di NBA 2K17 e, tutto sommato, il gioco di quest’anno rispecchia molto la personalità  della storica guardia tiratrice di quelli con la canotta gialla.

METAFISICA DEL BASKET
Come ogni sport che si rispetti, il basket è un esercizio fisico, tecnico e tattico che finisce per diventare anche un complesso sistema emotivo, culturale e, perché no, spirituale. Nel corso degli anni Visual Concepts è riuscita ad elaborare una simulazione accurata di più o meno qualsiasi gesto che possa avvenire sul parquet: l’anno scorso c’è stata la definitiva consacrazione, con il passaggio completo all’attuale generazione e l’asticella alzata al di sopra di qualsiasi standard delle simulazioni sportive tutte. Quest’anno, inevitabilmente, gli sviluppatori californiani hanno dovuto inevitabilmente abbandonare il sentiero del cosa per dedicarsi quasi esclusivamente al come: la serie è arrivata a un punto di eccellenza tale per cui può permettersi di lavorare sulle sfumature, sui dettagli, sull’equilibrio tra spettacolo televisivo e sulla
sensazione di essere davvero sul parquet. Dal momento che l’anno scorso ho già  dato parecchio fondo agli aggettivi positivi, partiamo da un presupposto: NBA 2K17 sfrutta le ottime basi del suo predecessore come radici solidissime su cui costruire nuove fioriture, per cui se anche parlerò di difetti si tratterà  di puri sofismi, perché non c’è nulla che realmente non vada nel gioco. La cifra del progresso la si nota da subito: caricamenti ridotti drasticamente, gioco meglio ottimizzato e interfaccia completamente ridisegnata, per un aspetto dei menu che non è ancora elegante, ma sicuramente più chiaro, funzionale e pragmatico. D’altronde, proprio il senso di praticità  ci riporta alla personalità  di Kobe, e quindi del gioco: NBA 2K17 è il trionfo dell’abnegazione al lavoro in ogni fase, e lotta costantemente contro i fronzoli e l’eccessiva spettacolarizzazione delle cose. Quando mi riferivo al fatto che Visual Concepts si può permettere di esprimere una visione intendevo proprio questo: prova a diffondere la cultura e il messaggio della pallacanestro in maniera radicale e quasi maniacale. Duro lavoro, allenamento e applicazione sono le parole chiave alla base del titolo di 2K, e chiunque sia stato in una palestra sa che alla quinta volta che ti fai la diagonale in scivolamento, poco prima di avere visioni celestiali intorno al canestro, quelle parole sono il tuo mantra personale, la tua filosofi a di vita.

FENOMENOLOGIA DEL RIMBALZO
Il perno di NBA 2K 17 ruota attorno a tre step evolutivi sostanziali: motore fisico rinnovato, sistema di tiro sensibilmente diverso e AI di compagni e avversari profondamente rivista. Il primo punto è fondamentale per cominciare a riequilibrare il rapporto tra attacco e difesa e sviluppare situazioni ancora più varie, grazie a un diverso approccio ai contatti fisici e una gestione dei rimbalzi del pallone molto più avanzata. D’ora in poi qualunque contatto avrà  un suo peso nell’economia di gioco, il numero di falli veniali è tendenzialmente aumentato e, in generale, fisicità , velocità  e muscolatura contano molto di più durante le azioni, consentendo al giocatore di sfruttare al meglio le potenzialità  del proprio quintetto e, soprattutto, contenere in maniera più efficace l’offensiva avversaria facendo valere, alla bisogna, il fisico per contrastare i cestisti più scattanti, o la velocità , l’agilità  e la furbizia per arginare situazioni di inferiorità  numerica, magari spingendo al fallo in attacco l’avversario. La palla a spicchi, invece, ha guadagnato un certo grado di imprevedibilità  e una notevole sensibilità  alle microdeviazioni, per cui non è raro vedere palle sporcate, smanacciate, falsi rimbalzi o ferri scheggiati e succedanee traiettorie impazzite,
con conseguenti tap-in spettacolari o recuperi in tuff o che neanche Richard Mason Rocca. In termini pratici, la fase di rimbalzo diventa una lotta ancora più serrata, mentre quella di possesso più complessa ma anche più varia, grazie alla possibilità  di sfruttare l’inerzia migliorata del pallone per schiacciare la palla a terra o alzarla a campanile quando serve. Ci sono situazioni in cui questa reattività  fisica impazzisce un po’, fra compenetrazioni e rimbalzi un po’ assurdi, ma in generale il nuovo motore è una leccornia per palati cestistici molto fini e rappresenta contemporaneamente un netto passo avanti e una base su cui sviluppare il futuro della serie. Riguardo il sistema di tiro, ammetto di essere leggermente più perplesso: se di primo acchito sembra un passo indietro e il ritorno a un sistema classicheggiante con la barra di “potenza”, in realtà  siamo davanti a una scomposizione di quello dell’anno scorso basato su pulizia del pallone e ritmo dell’attaccante, che permette più gradi di libertà  sul rilascio, preservando buone chance di riuscita di un’azione ben costruita anche anticipando o ritardando l’esecuzione. A conti fatti è più intelligente, ma la scomposizione del meter in tre diversi indicatori è un po’ più macchinosa e meno naturale del vecchio sistema, anche se in definitiva si tratta principalmente di farci la mano. C’è un’altra routine a cui bisogna abituarsi, e in fretta, in NBA 2K17, ed è quella dell’AI degli uomini sul parquet, clamorosamente più fine nelle letture: se da un lato questo vuol dire compagni di squadra più svegli, dall’altro significa che la CPU si adegua molto più rapidamente alle nostre soluzioni, difende in maniera clamorosamente aggressiva sul pick and roll, spende falli in maniera intelligente e, contestualmente, commette anche errori in maniera più umana. Rispetto al passato non c’è mai la sensazione di trovarsi davanti a momenti di giocate immarcabili, ma è complessivamente più impegnativo avere la meglio sugli avversari. Unica situazione un po’ sbilanciata è forse l’eccessiva semplicità  con cui si possono segnare triple piedi a terra, anche in transizione, ma nel complesso a fine partita vince chi perde meno palle e costruisce tiri migliori, com’è giusto che sia. Lavorare sodo in attacco quanto in difesa diventa fondamentale e, soprattutto, sfruttare al massimo il playbook dei vari team non è più un’opzione, soprattutto ai livelli alti: non a caso il layout della chiamata degli schemi è variato sensibilmente, e il sistema di controllo è chiaramente pensato per farne un uso costante e intensivo. Anche qui, il concetto è molto chiaro e pragmatico: NBA 2K17 richiede una cultura cestistica di alto lignaggio, o una volontà  ferrea di comprendere e interiorizzare un intero sistema di gioco basato sul realismo, sulla tattica e sulla pazienza.

OSSESSIONE PER IL REALE
La ricerca della perfezione non ha caratterizzato solo la carriera di Kobe, ma evidentemente anche quella dello studio capitanato da Rob Jones, e il risultato è che anche in termini di presentazioni e contenuti, NBA 2K17 riesce a spingersi addirittura oltre: il sistema di illuminazione è diventato ancora più realistico, le arene sono state riprodotte con una precisione tale da essere indistinguibili dalla realtà , il commento può vantare una terza voce che cambia in base agli incontri, gli inviati da bordocampo, così come il pubblico, interagiscono di più e il tutto si muove con una coerenza, coesione e precisione da panico. NBA 2K17 è sempre più ossessivamente vicino alla rappresentazione fotorealistica della realtà , e a tratti fa quasi paura. L’opera di Visual Concepts è talmente metodica nel cercare di restituire tutte le nuance
della lega professionistica americana che anche le modalità  MyCareer e MyGM, di cui parlo più approfonditamente nei box, hanno assunto un carattere più maturo e ancora più profondo rispetto al passato. Se all’appello aggiungiamo poi il solito MyTeam e il convincentissimo mondo
online che passa dai campetti di Blacktop alle leghe di 2K Pro-AM, il vero unico problema di NBA 2K17 è che non basta una stagione per giocarlo tutto a dovere.

COMMENTO

Imbarazzante per quantità , mirabile per visione, clamoroso per resa, NBA 2K17 continua a ridefinire il concetto di videogioco sportivo
e conferma la presenza di Visual Concepts al tavolo degli dei del videoludo. Spettacolare e pragmatico, il basket made in 2K è esattamente
come Kobe Bryant, talent silenzioso (non ci sono modalità  a lui dedicate) di questa edizione: vincente, consapevole e ossessionato dalla perfezione. Se amate il basket l’avete già  comprato, ma se solo concepite l’idea di un pallone io un pensierino ce lo farei.

+ La perfezione… migliorata

+ MyGM e MyCareer sono semplicemente clamorose

+ Realismo assoluto…

– … che richiede di essere metabolizzato a dovere