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Editoriale | Magazine

Un oggetto che ci rappresenta

Giorgio Panzeri | 8 Ottobre 2015

Editoriale

Perché e come è cambiata in pochi anni la domanda di smartphone Belli, proprio belli. Sì perché i nuovi smartphone […]

Perché e come è cambiata in pochi anni la domanda di smartphone

Belli, proprio belli. Sì perché i nuovi smartphone top di gamma non sono solo potenti, veloci, con schermi ad altissima risoluzione e fotocamere di qualità , ma sono anche gredevoli da vedere, piacevoli da toccare. Non è una banalità  l’estetica. No, perché lo smartphone è l’oggetto che più usiamo tutti i giorni. Ci segue ovunque e, da un certo punto di vista, ci rappresenta. Ricordate quando qualche anno fa parlavo di “convergenza”? Lo smartphone è lo strumento principe che rappresenta la convergenza perché racchiude in sé tutte le funzioni che l’utente desidera avere a portata di mano. Consente di fare tutto: gestire la posta, usare i social network, giocare, guardare film e fotografie, riprodurre musica in alta qualità , leggere libri e giornali, fruire rapidamente di tutte le informazioni che ci sono sul Web, muoversi a piedi o in auto senza mai perdersi. Non è un caso se il mercato dei tablet è in declino mentre quello degli smartphone continua a essere in piena salute. Non è un caso se la domanda è crescente per prodotti di dimensioni sempre maggiori. Samsung per prima lanciò uno smartphone di generose dimensioni (il primo phablet, ve lo ricordate il Galaxy Note con schermo da 5,3″?) che ai tempi sembrava un vero e proprio “padellone” e chi lo adottava era visto come qualcuno un po’ strano. Non erano tanti anni fa, parliamo del 2011. Ma era il tempo dei telefoni intelligenti da 3,5 o 4,2 pollici. Telefoni piccoli che stavano bene in tasca. Smartphone che non erano ancora il fulcro della convergenza. Oggi tutto è cambiato: il formato medio dei nuovi smartphone è di 5 pollici, ma molti nuovi prodotti sono di 5,2″ o 5,5″. La dimensione dei “padelloni” è passata a 5,7 o 6 pollici, veri e propri piccoli tablet da tenere in tasca.

Ma oltre a esser belli, cosa offrono in più i nuovi smartphone? Sono anche innovativi? Oltre a essere i “più potenti smartphone di sempre” (almeno sino all’arrivo del successivo modello) di veramente innovativo hanno poco. Lo schermo è a risoluzione più elevata per migliorare l’esperienza visiva, e la fotocamera (con annesso programma di scatto) è sempre migliore. E poi? A mio avviso l’unico smartphone recente che ha introdotto una vera innovazione è l’iPhone, nelle versioni 6s e 6s Plus, una novità  che che si posiziona proprio nel perimetro della citata convergenza. Sto parlando del 3D touch, definito da Apple “la nuova generazione del multi-touch”. La maggior parte del tempo che passiamo con lo smartphone in mano lo facciamo usando una mano sola, magari perché in metropolitana e siamo aggrappati ai sostegni per non cadere, o camminiamo e abbiamo anche la borsa della spesa. Ed è veramente difficile usare il multi touch con il solo pollice. Ma anche avendo le mani libere occorrono più passaggi per fare certe operazioni. Per esempio, se sto leggendo la posta, dalla lista delle mail devo cliccare per entrare nel messaggio e leggerlo, poi devo fare un altro passaggio per tornare alla lista iniziale. Apple ha pensato di risolvere il tutto con una terza dimensione del touch: la pressione sullo schermo. È una funzione concettualmente banale, ma estremamente funzionale. Premi sul messaggio e lo leggi. Rilasci e sei ancora nella lista della posta. È una funzione che migliora la navigabilità  tra le informazioni presenti nello smartphone e, quindi, migliora rende ancora più fruibile la convergenza.

Giorgio Panzeri