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Windows 8 è arrivato

Redazione | 26 Ottobre 2012

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Windows 8 ha il compito delicatissimo di traghettare nell’era “post-Pc” il sistema operativo più diffuso al mondo senza metterne però […]

Windows 8 ha il compito delicatissimo di traghettare nell’era “post-Pc” il sistema operativo più diffuso al mondo senza metterne però a repentaglio l’attuale monopolio di fatto sui computer tradizionali. Missione impossibile? Cerchiamo di scoprirlo.

di Maurizio Bergami e Dario Orlandi

Il 25 ottobre, praticamente in contemporanea con l’uscita in edicola di questo numero di PC Professionale, Windows 8 farà  il suo esordio mondiale. Steve Ballmer, Ceo di Microsoft, ha definito la nuova versione di Windows come “la sfida più rischiosa” mai affrontata dall’azienda, e non è un’esagerazione. Il nuovo sistema operativo ha un compito delicatissimo: traghettare Windows nell’era “post-Pc”, in cui saranno tablet e smartphone, invece dei tradizionali computer, il centro della nostra vita digitale. E dovrà  riuscirci senza metterne a rischio l’attuale monopolio sul desktop. Dal successo di Windows 8 dipenderà  in buona parte il futuro di Windows nel mondo consumer, e in parte anche il futuro di Microsoft stessa: un fallimento analogo a quello di Vista potrebbe far perdere rapidamente di rilevanza alla società  fondata da Bill Gates e Paul Allen. Nelle ultime settimane abbiamo messo alla prova la versione definitiva di Windows 8 su una varietà  di sistemi, con l’obiettivo di comprenderne i pregi e gli inevitabili difetti. Ecco che cosa abbiamo scoperto.

Durante il periodo di sviluppo praticamente tutti i predecessori di Windows 8 hanno avuto un nome in codice: quelli più noti probabilmente sono Chicago (Windows 95) e Longhorn (Vista). Windows 8 invece è sempre stato chiamato con quello che poi è diventato il suo nome definitivo, ma se Microsoft non avesse deciso di interrompere la tradizione crediamo che la scelta naturale avrebbe dovuto essere “Giano”. Come l’antica divinità  romana, Windows 8 è un sistema operativo a due facce. Una è il desktop che nelle sue varie evoluzioni conosciamo da decenni, mentre l’altra è nuova di zecca: Metro. Anzi, Modern UI (UI è l’acronimo di User Interface, interfaccia utente). Già , perché poche settimane fa Microsoft ha annunciato che Metro non era affatto un nome finale, come tutti pensavano, ma – e la cosa suona in effetti ironica – ancora in codice, e dopo un po’ di tempo ha annunciato la denominazione definitiva appena citata. La ragione di questa decisione del tutto inaspettata? A quanto pare, le minacce legali del noto gruppo tedesco Metro, che opera nella grande distribuzione. Ma in fondo un nome vale l’altro, quel che conta è la sostanza. E la sostanza è questa: i due volti di Windows 8 sono profondamente diversi. Sono entrambi eccellenti, ma convivono con una certa fatica. Quello nuovo, com’è noto, è stato sviluppato in primo luogo per i dispositivi di nuova generazione basati sull’interazione tramite tocco. Microsoft in quest’ambito si trova nella posizione poco invidiabile di chi deve tentare di salire su un treno già  in piena corsa. Per riuscirci non ha risparmiato energie, e il risultato è convincente. Questa versione di Windows, per la prima volta disponibile non solo per le Cpu Intel ma anche per quelle Arm che la fanno da padrone sui device portatili, non ha solo un’ottima interfaccia per i sistemi touch, ma mette a disposizione degli sviluppatori un’infrastruttura che facilita la creazione di App flessibili e potenti. Il vecchio desktop ha subito un restyling tutto sommato leggero e introduce qualche miglioria, ma ­- con una notevole eccezione – non porta con sé novità  sconvolgenti. È il matrimonio forzato tra le due interfacce, semmai, il punto debole di Windows 8: il desktop e Modern UI sono mondi completamente diversi, con applicazioni basate su filosofie – e in parte metodologie – di progetto diametralmente opposte, e l’inevitabile salto continuo da un ambiente all’altro può disorientare e persino infastidire gli utenti che per ora si accontenterebbero di continuare a lavorare all’interno del desktop, come hanno sempre fatto. Da una parte è difficile non rimanere ammirati dall’enorme lavoro svolto da Microsoft e dalla quantità  d’innovazione contenuta in Windows 8. Dall’altra, però, sui computer tradizionali Modern UI dà  l’impressione di una medicina imposta con la forza a beneficio non del paziente ma del medico. Non è vero che i due ambienti siano totalmente inseparabili: lo dimostrano le utility di terze parti che permettono di ripristinare sul desktop il pulsante Start (la cui scomparsa è l’eccezione notevole appena accennata) e di entrare direttamente nel desktop all’avvio del computer. Ma solo rendendo obbligatorio il passaggio per Modern UI Microsoft può promettere agli sviluppatori di App un mercato potenziale di centinaia di milioni di utenti, ed è chiaro a tutti che nell’era “post-Pc” sono le App a decretare o meno il successo di una piattaforma. Dal 25 ottobre praticamente tutti i consumatori che acquisteranno un Pc saranno costretti a fare i conti con la nuova interfaccia (nessun Oem potrebbe permettersi di rimanere ancorato al “vecchio” Windows 7). Come reagiranno? Impossibile dirlo: occorrerebbe una sfera di cristallo. Ma è proprio la loro reazione che decreterà  il futuro di Windows 8. Nei prossimi mesi sapremo se il nuovo sistema operativo sarà  destinato a diventare un altro Vista – anche se per motivi totalmente diversi – o se sarà  ricordato come l’artefice della riscossa di Microsoft dopo un decennio travagliato, in cui ha dovuto subire persino l’onta di essere superata da Apple per capitalizzazione di borsa. Windows 8 è un progetto troppo ampio per poter essere affrontato in un articolo solo. Questo mese ci concentreremo sulle caratteristiche più evidenti delle sue edizioni consumer per le Cpu Intel, mentre il mese prossimo scenderemo “sotto il cofano” del sistema operativo e affronteremo anche le novità  destinate modo specifico all’impiego in azienda. Ci occuperemo poi di Windows RT non appena avremo a disposizione i primi device Arm con preinstallata questa edizione.  (…)

Estratto dell’articolo pubblicato sul numero di novembre 2012