Presto, molto presto arriverà la fine delle connessioni per SETI@home, storico progetto collaborativo che sfrutta la CPU dei “donatori” connessi in rete per analizzare i segnali radio provenienti dallo spazio profondo. La ricerca di segni di vita extraterrestre intelligente (SETI) non si ferma ma evolve, e il network distribuito di SETI@home potrebbe sempre riattivarsi in caso di necessità.
Creato e gestito dall’Università della California, Berkeley, il progetto SETI@home può vantare una storia lunga 21 anni e una rete di partecipanti di 1,8 milioni di utenti in tutto il mondo, con una media di circa 150.000 macchine attive con il relativo client necessario a processare piccole porzioni dello spettro elettromagnetico alla caccia di segnali “interessanti”.
L’ultimo avviso pubblicato sulla homepage annuncia ora la novità: SETI@home andrà in “ibernazione”, e l’invio telematico dei lavori di analisi sulle comunicazioni radio catturate dai grandi telescopi (Arecibo in Porto Rico e Green Bank Telescope nel West Virginia) verrà interrotto a partire dal prossimo 31 marzo.
Due le ragioni che hanno portato alla decisione di spegnere la rete collaborativa di SETI@home, vale a dire il surplus di informazioni già analizzate e l’impegno necessario a gestire i dati raccolti dalla rete distribuita. Ora il focus del team SETI sarà sul completamento dell’analisi dei risultati già ottenuti, e quindi la definizione formale di tali risultati (magari con scoperte e annunci interessanti anche per il grande pubblico) in uno studio scientifico tradizionale.
In ogni caso SETI@home non scompare certo da Internet: il sito sarà sempre attivo, e in caso di necessità (magari per l’analisi di segnali elettromagnetici diversi da quelli potenzialmente extraterrestri) i server potrebbero ricominciare a trasmettere task di analisi in giro per il mondo.