Storage

Storage: 3 Tbyte il nuovo termine di riferimento

Redazione | 11 Febbraio 2011

Utilizzando dunque un indirizzamento LBA a 64 bit è possibile usufruire dei nuovi dischi da 3 Tbyte in maniera completa, […]

Utilizzando dunque un indirizzamento LBA a 64 bit è possibile usufruire dei nuovi dischi da 3 Tbyte in maniera completa, senza necessità  di creare più partizioni. In questo caso sorge però un ulteriore problema di base, qualora si volessero adoperare questi dischi per il boot del sistema operativo. Innanzitutto LBA a 64 bit non è supportato dal classico schema MBR (Master Boot Record) che indica al Bios della scheda madre il punto in cui accedere ai dati per l’avvio del sistema operativo. Sulla maggior parte delle schede madri in commercio l’avvio funziona in maniera molto semplice: il Bios verifica quale disco contenga il MBR, una porzione di dati posta nei primi 512 byte del disco stesso che indica che quello è il disco di avvio, leggendo successivamente dove sono presenti i dati per l’avvio. Il problema è dunque che MBR non supporta un indirizzamento a 64 bit, per il quale è necessario utilizzare un sistema di partizionamento più avanzato come GPT (GUID Partition Table). Questo schema può essere utilizzato da tutti i sistemi operativi più diffusi (a 64 bit), e permette di creare partizioni di grandezza a piacere (entro comunque 9,4 Zbyte…) sui dischi rigidi. I Bios e i chipset utilizzati dalle schede madri non supportano però il boot da GPT, peculiarità  dei più moderni EFI. Riassumendo è possibile utilizzare un disco dati da 3 Tbyte su qualunque computer, se a 32 bit è necessario creare due partizioni di dimensione massima 2,2 Tbyte (il sistema operativo lo fa in automatico), mentre se a 64 bit è possibile utilizzare GPT e creare una partizione unica.

Per utilizzare il disco come boot valgono le stesse considerazioni, permettendo su tutti i sistemi di fare il boot sulla prima partizione (MBR) da massimo 2,19 Tbyte, mentre solo disponendo di una scheda madre EFI si può utilizzare GPT per il boot con il disco da 3 Tbyte. Dopo questa lunga digressione sulle difficoltà  offerte da dischi così capienti, in attesa che tutte le schede madri si dotino di EFI, andiamo ad analizzare la novità  introdotta da Western Digital. Il primo disco da 3 Tbyte dell’azienda appartiene alla rinomata famiglia Caviar Green, che fa dell’efficienza energetica il proprio punto di maggior forza. Il disco utilizza quattro piattelli interni da 750 Gbyte ciascuno, raggiungendo una densità  dati record di oltre 530 Gbit per pollice quadrato. Questi dati permettono di ottenere prestazioni molto elevate anche con una velocità  di rotazione non troppo elevata. Il disco, come tutti gli appartenenti alla famiglia Green non adotta infatti i canonici 7.200 rpm, ma varia il proprio regime di rotazione in base alle esigenze prestazionali istantanee.

Di conseguenza, anche consumi e rumorosità  operativa sono ridotti ai minimi livelli. Il calore generato inoltre è quasi trascurabile, rendendo il prodotto particolarmente adatto anche agli ambienti meno ospitali per i tradizionali dischi rigidi. Per superare qualunque tipo di problema di compatibilità  Western Digital offre insieme al disco un controller Pci Express dotato di due porte Sata in grado di supportarlo anche come boot GPT, ma solo se la scheda madre utilizza EFI. Nei nostri test prestazionali abbiamo riscontrato valori generali di ottimo livello, allineati a quelli dei migliori dischi dati oggi in commercio. Le prestazioni, importanti ma non essenziali per un disco come questo, dimostrano comunque l’elevata attenzione al dettaglio del produttore.

Il prodotto apre dunque una nuova frontiera nel mondo dell’archiviazione, risultando perfetto per tutto quanti siano alla ricerca del maggior spazio disponibile. Il disco, per via delle varie limitazioni e appartenendo a una linea a basso consumo, non è particolarmente adatto a diventare il disco principale su cui installare il sistema operativo, per il quale Western Digital stessa propone la linea Caviar Black. Le limitazioni relative alla capacità  sono dunque secondarie e non inficiano certo le innegabili qualità  del prodotto.

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