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Editoriale | Magazine

Apple contro la giustizia Usa, chi ha ragione?

Giorgio Panzeri | 18 Febbraio 2016

Editoriale

Ha ragione Apple oppure il giudice federale Usa che ha ordinato alla multinazionale di sbloccare l’iPhone del responsabile della strage […]

Ha ragione Apple oppure il giudice federale Usa che ha ordinato alla multinazionale di sbloccare l’iPhone del responsabile della strage di San Bernardino? Cerchiamo intanto di fare chiarezza su cosa è successo: il giudice che indaga sull’attentato di San Bernardino (California), dove lo scorso 2 dicembre Syed Rizwan Farook e sua moglie Tashfeen Malik assaltarono l’Inland center durante una festa di Natale uccidendo 14 persone, ha accolto la richiesta della pubblica accusa e ha ordinato ad Apple di aiutare l’FBI ad accedere ai contenuti dell’iPhone 5 di uno dei responsabili. Tutto qui? Perché Apple non dovrebbe aiutare l’FBI a risolvere un caso così brutale ed eclatante?

Ricordiamo che l’iPhone ha un sistema di sicurezza sofisticato che cripta i dati e, dopo solo 10 tentativi di accesso non andati a buon fine permette solo di cancellare tutte le informazioni. Quindi non è possibile sbloccare il telefono con una tecnica di “forza bruta” che richiede centinaia o forse migliaia di tentativi per azzeccare la combinazione giusta. Inizialmente Apple ha collaborato con gli inquirenti ma senza trovare una soluzione al problema. Allora è stato chiesto ad Apple di sviluppare una versione del sistema operativo con una backdoor in grado di aggirare i vari sistemi di sicurezza. Come ha detto Tim Cook: “Nelle mani sbagliate, questo software – che oggi non esiste – sarebbe in grado potenzialmente di sbloccare ogni iPhone”.

Ecco, il busillis sta proprio qui. Non si tratta di sbloccare il telefono di un delinquente, ma di creare una versione di iOS che potrebbe essere usata per sbloccare qualsiasi iPhone. Con tutti i problemi alla privacy che ne derivano. Non a caso, Cook ha motivato il diniego a sviluppare un simile prodotto dicendo: “Sebbene crediamo che le intenzioni dell’FBI siano buone, sarebbe sbagliato per il governo forzarci a costruire una backdoor nei nostri prodotti. In definitiva abbiamo paura che questa richiesta possa minare le stesse libertà  che il nostro governo vuole proteggere”.

In un’intervista a Repubblica il sociologo bielorusso Evgeny Morozov, esperto di nuovi media e non proprio simpatizzante per il marchio della nel morsicata (ha anche scritto il libro “Contro Steve Jobs”), ha detto “Per com’è congegnata la sua tecnologia, Apple non può consentire l’accesso limitato ai dati di un solo cellulare. Rispettare l’ordinanza significherebbe creare un sistema che “apra le porte” all’FBI compromettendo in modo generalizzato la protezione dei dati. E dando così adito a possibili abusi”.

Personalmente penso che l’atteggiamento di Apple sia corretto: ha collaborato sin dove ha potuto ma ha detto di no allo sviluppo di qualcosa che avrebbe potuto compromettere la privacy di tutti.

Voi cosa ne pensate?