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Editoriale | Magazine

Dab, la rivoluzione mancata della radio digitale?

Marco Martinelli | 30 Maggio 2016

Editoriale

Evoluzione più significativa in campo radio dall’introduzione della banda Fm in modulazione di frequenza, il sistema Dab (acronimo di digital […]

Evoluzione più significativa in campo radio dall’introduzione della banda Fm in modulazione di frequenza, il sistema Dab (acronimo di digital radio broadcasting) non è certo una novità , dal momento che origina dal progetto Eureka e dalla fondazione del consorzio Eureka 147, promossi dalla Comunità  europea nel lontano 1987, che hanno portato alla creazione dello standard approvato dall’Etsi (European Telecommunications Standard Institute) nel 1997. Nel 2006 si registra un’ulteriore affinamento della tecnologia, che progredisce nel Dab+ (incompatibile con l’originale) con alcune migliorie tra cui spicca l’adozione del codec HE-AAC v2 (Mpeg-4).

Fin dagli esordi, lo standard Dab è apparso quale naturale successore delle trasmissioni analogiche via etere, così come è avvenuto in campo video con il digitale terrestre: a differenza di quest’ultimo, tuttavia, alcune condizioni ne hanno minato parecchio la diffusione. Sulla carta, il Dab presentava dall’inizio indiscutibili vantaggi sull’analogico: qualità  dell’audio e stabilità  del segnale (meno soggetto a disturbi e interferenze), integrazione di servizi multimediali e capacità  di veicolare più trasmissioni sullo medesimo canale.

Ma alcuni fattori – economici e strutturali – non hanno favorito la diffusione capillare del sistema nel nostro paese, prima fra tutti l’enorme presenza di trasmittenti in modulazione di frequenza, che vede l’Italia tra le nazioni con l’etere più affollato. Poiché, a differenza del video digitale terrestre, non è stato stabilito ancora nessuno switch-off delle emittenti analogiche, la radio tradizionale in FM continua a detenere una posizione dominante: non va dimenticato che il passaggio di tecnologia comporta costi elevati per le emittenti, accettabili dai grandi network ma spesso insostenibili dalle realtà  locali di medie e piccole dimensioni.

La diffusione del digitale è ancora tutt’altro che capillare, soprattutto lontano dai grandi centri abitati, e la qualità  non è certo quella simil-CD sbandierata dalla pubblicità : la maggior parte delle trasmissioni è in AAC a 96 kbps, ben lontano da una resa musicale perfetta. In sostanza, le potenzialità  del Dab ci sono tutte ma non sono state ancora espresse al meglio, e l’avvento delle radio Internet rappresenta un’alternativa indiscutibilmente concorrenziale. Come molti cantieri, anche il Dab in Italia è segnalato col cartello dei “lavori in corso” sbiadito dal tempo.

Grazie all’impegno costante dei due operatori di rete Dab Club Italia ed Eurodab Italia, principali promotori del sistema, la situazione è comunque in continua evoluzione e le prospettive sono incoraggianti: non va in ogni caso dimenticato che, seppur in ritardo rispetto al resto d’Europa, la copertura del Dab+ nel nostro paese interessa il 75% della popolazione e oltre 5.000 km di autostrada. A beneficio dei due milioni di ricevitori già  venduti, da casa ma anche da auto: molte nuove vetture, infatti, vantano un’autoradio Dab+ di serie, e quelle che ne sono prive possono beneficiare comunque delle trasmissioni digitali utilizzando ricevitori dedicati da integrare con l’autoradio preesistente.