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Non chiamatele mezze cartucce

Giorgio Panzeri | 25 Giugno 2012

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di Marco Martinelli Le cartucce delle stampanti a getto d’inchiostro rappresentano una voce di costo critica per gli utenti finali. […]

di Marco Martinelli

Le cartucce delle stampanti a getto d’inchiostro rappresentano una voce di costo critica per gli utenti finali. I “carburanti” usati da queste periferiche possono raggiungere prezzi esorbitanti: ogni serbatoio contiene pochi millilitri del prezioso liquido, ma rapportando questi valori al costo per litro otteniamo cifre da capogiro, nell’ordine delle migliaia di euro. Chi utilizza con continuità , a casa o in ufficio, una stampante o multifunzione inkjet diventa presto consapevole dei costi legati alla sostituzione dei consumabili e al loro impatto sulle spese d’esercizio. L’esempio più eclatante riguarda i modelli entry-level, venduti a prezzi anche inferiori a 50 euro presso i centri della grande distribuzione: non è raro che la sostituzione dell’intero set di cartucce per queste unità  comporti un esborso pari o talvolta superiore a quello sostenuto per l’acquisto dell’apparecchio stesso.

È la teoria del rasoio e delle lamette: si vende a basso prezzo un bene che per continuare a funzionare richiede l’acquisto periodico di costosi materiali di consumo. La stampante, perciò, diventa lo strumento per fidelizzare il cliente al produttore e garantirgli una fonte costante di profitto, che non si esaurisce con il semplice approvvigionamento dell’hardware, semmai inizia in quel momento. Sul tema, i produttori sono molto sensibili e rispondono tutti più o meno allo stesso modo: un’apparentemente semplice cartuccia d’inchiostro è il risultato di una tecnologia sofisticata che ha richiesto anni d’investimenti milionari in ricerca e sviluppo. Un’attività  non limitata alla formulazione chimica degli inchiostri, ma che coinvolge l’intero sistema di stampa. Cartucce e serbatoi, testine, elementi meccanici, carte fotografiche e driver sono progettati, realizzati, testati, corretti e ottimizzati singolarmente e come un tutto per fornire risultati costanti, prevedibili e di elevata qualità . Cartucce e inchiostri sono sviluppati per e insieme a ogni nuova generazione di stampanti, nel rispetto di precisi vincoli chimici e fisici per assicurare alte prestazioni, stabilità  nel tempo, bassi consumi energetici e rispetto per l’ambiente. Sarebbe una visione parziale, secondo i produttori, considerare i costi totali di stampa solo quelli della periferica e dei materiali di consumo.

Questi non rappresentano che la parte emersa e visibile di un iceberg in cui, nella parte sommersa, ci sono i costi occulti, non sempre contabilizzabili, derivanti dall’impiego di prodotti alternativi di bassa qualità : come lo spreco d’inchiostro, di carta e di tempo per la ristampa e l’archiviazione dei documenti nonché il fermo macchina per gli interventi di manutenzione e riparazione e la conseguente perdita di produttività  nei contesti lavorativi.

Nonostante le garanzie di affidabilità  offerte dai consumabili originali, esiste ormai da anni un ampio e prospero mercato di soluzioni alternative a basso costo, disponibili sia per la maggioranza delle periferiche di stampa a catalogo sia per quelle fuori produzione.

Di fronte alla motivazioni a sostegno delle cartucce originali addotte dai maggiori produttori del settore, i distributori d’inchiostri aftermarket rispondono in modo perentorio: si tratta di una discutibile pressione psicologica esercitata sui clienti per giustificare i prezzi troppo alti dei consumabili originali, che servono solo a fare quattrini e a compensare i prezzi artificialmente sgonfiati delle stampanti.

Un quadro
del mercato italiano

Secondo le ultime rilevazioni fornite da GfK Retail and Technology Italy, nel periodo Maggio 2011 – Aprile 2012 il segmento delle cartucce per stampanti  inkjet ha sviluppato un volume d’affari di 421 milioni di euro, ricavati dalla vendita di 28,5 milioni di pezzi. Si è registrata una decrescita sia a valore (- 4,6%) sia a volume (- 1,7%) anno su anno. Tra Gennaio e Aprile 2012 il trend è anche peggiorato: – 7,4% sul valore e -5,1% sul volume rispetto allo stesso periodo del 2011. La decrescita a valore è stata più significativa, imputabile principalmente alle cartucce originali (-7,6 a valore su anno) che hanno registrato trend più negativi rispetto a quelle aftermarket. I canali che hanno sofferto di più sono stati gli specialisti dell’It, come i computer shop e i rivenditori di forniture per l’ufficio.

Per quanto riguarda il mercato dei materiali di consumo compatibili, nel nostro Paese si contano più di 3.000 piccoli e medi imprenditori e oltre 10.000 addetti che si occupano della rigenerazione di cartucce e toner per stampanti laser e inkjet. Un’attività  strategica non solo a livello economico, ma anche ecologico: la raccolta del materiale esaurito e il successivo ricondizionamento consentono di abbattere i costi in media del 50 per cento e assicurano il riciclo di sostanze di difficile smaltimento, anche potenzialmente dannose per l’ambiente (soprattutto nel comparto laser). Basti pensare che la produzione della plastica necessaria per una cartuccia di toner richiede circa 3 Kg di petrolio e genera 6 Kg di gas serra: la rigenerazione di 55 cartucce consente pertanto di risparmiare un intero barile di petrolio da 42 galloni (circa 160 litri) e con 500 unità  si arriva addirittura a pareggiare il consumo elettrico annuo di un’abitazione di 150 mq, riscaldamento e aria condizionata compresi.

Due tipi di cartucce

Nonostante la quantità  dell’offerta lasci talvolta disorientati (basta passare davanti agli espositori in un qualsiasi centro commerciale per rendersene conto), ci sono due macro categorie di cartucce per stampanti e multifunzione inkjet: quelle con o senza testine integrate.

Le prime, utilizzate soprattutto nelle inkjet di primo prezzo di Canon e HP (e nelle Lexmark di qualche anno fa) sono sempre installate in coppia: una contiene solo inchiostro nero, l’altra i tre colori base ciano, magenta e giallo. Secondo la tecnologia di stampa adottata – quadricromia semplice o estesa – può esserci anche una terza cartuccia caricata con altri colori, tipicamente il ciano chiaro e il magenta chiaro, che si aggiunge o sostituisce la cartuccia del nero per migliorare la resa fotografica ampliando la tavolozza dei colori.

All’interno, ogni cartuccia incorpora una o più spugnette assorbenti per trattenere l’inchiostro e veicolarlo gradualmente verso la testina. Nelle unità  a tecnologia termica, la testina comprende una camera di riscaldamento in cui, attraverso la sollecitazione indotta da un resistenza, si formano bolle che comprimono il sottilissimo velo d’inchiostro (0,0001 mm di spessore) introdotto, espellendolo all’esterno ad alta velocità , attraverso gli ugelli, sul supporto di stampa. Concettualmente semplice, il procedimento è in realtà  assai complesso, produce notevoli sollecitazioni ai componenti e richiede grande precisione.

In alcuni prodotti di HP, per esempio, il ciclo di formazione delle bolle ha una frequenza di 36.000 cicli al secondo e raggiunge temperature nell’ordine dei 340 gradi con una produzione di energia di circa 1.850 mW/mq per 1,5 microsecondi. Una testina può impiegare oltre 500 ugelli ed emettere fino a 18 milioni di microgocce d’inchiostro al secondo.

Per assicurare efficienza e prestazioni costanti è necessario che gli inchiostri soddisfino precisi requisiti fisici, primo tra tutti la purezza. La presenza d’impurità  potrebbe provocare l’ostruzione degli ugelli, la formazione di depositi e cristallizzazioni in prossimità  della resistenza di riscaldamento e fenomeni corrosivi che finirebbero col ridurre la qualità  delle stampe e deteriorare i componenti elettrici della cartuccia. I produttori devono perciò rispettare rigorosi protocolli di produzione che, naturalmente, incidono sui costi.

Per questo tipo di cartucce, le alternative reperibili nell’aftermarket si basano esclusivamente sulla rigenerazione, unica soluzione proponibile sul piano legale perché la presenza di componenti tecnologici protetti da brevetti internazionali impedisce di copiare il progetto originale. In sostanza, qualsiasi cartuccia rigenerata che si trova legalmente sul mercato non è che l’originale esaurito e sottoposto a un procedimento d’ispezione, pulizia, ricarica d’inchiostro e verifica del funzionamento. Vantaggi e svantaggi di questo approccio sono intuibili. Con gli originali, ogni sostituzione corrisponde a un effettivo rinnovamento di un componente vitale della stampante (la testina) e assicura sempre il top delle prestazioni. Di contro, impone costi superiori. I componenti rigenerati hanno prezzi più accessibili, ma possono presentare alcuni problemi: difficoltà  di reperimento, legata alla disponibilità  in volumi degli originali esausti; affidabilità  e prestazioni dipendenti dal numero di ricariche tollerate (in genere, non più di 5 o 6); qualità  degli inchiostri utilizzati e precisione dei controlli lungo la filiera di rigenerazione. (…)

Estratto dell’articolo pubblicato sul numero 256 luglio 2012