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Editoriale | Magazine

Smartphone, Sony porta la fotografia su un altro livello

Eugenio Moschini | 28 Febbraio 2017

Editoriale

Gli smartphone hanno rimpiazzato le fotocamere (e le videocamere) compatte. È un dato di fatto. Ed è un processo ormai […]

Gli smartphone hanno rimpiazzato le fotocamere (e le videocamere) compatte. È un dato di fatto. Ed è un processo ormai irreversibile. Se abbiamo preferito gli smartphone quando erano distanti anni luce – qualitativamente – dai dispositivi dedicati, figuriamoci oggi, quando il gap si è ormai colmato.

Un trend aiutato dai produttori che stanno “riversando” le loro soluzioni, nate per il mondo foto/video, anche nell’universo smartphone. Come Sony che, a inizio febbraio, ha presentato un nuovo sensore (il primo Cmos per smartphone con architettura “stacked” a tre strati) derivato dalle soluzioni integrate nelle sue fotocamere di fascia medio-alta. La peculiarità  di un’architettura stacked è di svilupparsi in verticale, con i diversi livelli “impilati” uno sull’altro. Rispetto a un sensore stacked a due strati (uno composto dai fotodiodi e uno dai circuiti di elaborazione dei segnali), Sony ne aggiunge uno intermedio, formato da 1 Gigabit di memoria Dram.

Questa memoria svolge le funzioni di buffer, in cui vengono memorizzati i dati prima di essere inviati al chip Isp (image signal processor), esterno al sensore. Per capire l’impatto di questa memoria è necessario fare un passo indietro e vedere come un sensore Cmos cattura le immagini (e i video). A differenza di quello che si potrebbe pensare, il sensore non registra l’immagine nella sua interezza in un istante, ma la cattura con una scansione, una linea per volta, dall’alto verso il basso. Il tempo necessario (che non è assolutamente legato al tempo di scatto) è il tempo di readout. Questo metodo, detto rolling shutter, può però generare numerosi artefatti se nella scena ci sono oggetti in movimento.

Grazie a questa memoria-tampone, il tempo di readout di un’immagine da 19,3 milioni di pixel passa da 1/30 a 1/120 di secondo (in alto vedete due immagini di esempio, notate il frontale “obliquo” della locomotiva catturata con un readout a 1/30 s). E a risoluzioni inferiori questo tempo si riduce ulteriormente. Meno artefatti, quindi, e migliore resa. Ma la memoria buffer non ha “solo” questo vantaggio: grazie al tempo di readout ridottissimo è possibile registrare video Full Hd fino a 1.000 fps, una cadenza 8 volte superiore a quanto oggi permesso. Potremo così catturare video “misti”, che alternano scene riprese a velocità  normale a super slow motion, enfatizzando al massimo i rapidi movimenti. E potremo fare automaticamente video come questo (https://youtu.be/dFdU-JjypWs). Anche se, al momento, nessun smartphone adotta questo sensore, l’imminente MWC potrebbe essere l’occasione di vedere, da vicino, questa nuova tecnologia.

Eugenio Moschini