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Smartphone

Dal Giappone il polimero autoriparante

Roberto Cosentino | 20 Dicembre 2017

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Un team di scienziati giapponesi ha scoperto un polimero in grado di autoripararsi

Una volta il terrore riguardo alle cadute di oggetti, riguardava principalmente il telecomando. Tant’è che negli anni ’90 alcune aziende sono corse ai ripari, proponendo delle cover, antesignane di quelle degli smartphone odierni.

Ora più che per salvaguardare il design degli smartphone sempre più borderless, l’elemento più sensibile a cadute o botte è il display, nonostante i vetri sempre più resistenti.
Tra graffi, crepe e rotture totali dei pannelli, dalla nascita dei cellulari prima e degli smartphone poi, non di rado le assistenze tecniche hanno avuto a che fare con riparazione o sostituzione del vetro dello schermo.

Nel prossimo futuro però, potrebbe non essere più un problema.
Arriva dal Giappone infatti la notizia di una ricerca pubblicata su Science. Alcuni scienziati dell’Università di Tokyo hanno scoperto per puro caso un nuovo tipo di polimero in grado di autoripararsi.

https://youtu.be/fP–cjG7o5g

Lo scopo iniziale di Yu Yanagisawa – lo scienziato a cui si deve la scoperta – e colleghi, era la ricerca di un nuovo tipo di adesivo. Nel corso degli esperimenti, in modo del tutto casuale, hanno scoperto che uno dei polimeri che stavano studiando era in grado di ripararsi da solo quando diviso, semplicemente tenendolo premuto per mezzo minuto, alla temperatura di 21°C.

Accortosi del risultato, gli scienziati giapponesi hanno approfondito le ricerche e hanno confermato quanto scoperto; il nuovo polimero è in grado di ripararsi autonomamente grazie ad un processo molecolare. Il polimero, denominato polietere di tiourea, è capace di fungere come collante e tenere insieme il legame di idrogeno che a sua volta mantiene unita la molecola.

I risultati raggiunti da Yanagisawa e dal suo team sembrano incoraggianti dal lato tecnologico; i display di smartphone e tablet potrebbero risultare più resistenti, permettendo agli utenti di risparmiare cifre onerose in caso di danni al vetro.
Tuttavia l’equipe a cui si deve la scoperta spera che possa favorire un ambiente sempre più ecosostenibile grazie alla riparazione dei materiali.

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