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Maze, ufficiale la fine del ransomware

Alfonso Maruccia | 3 Novembre 2020

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I cyber-criminali di Maze escono allo scoperto e confermano la chiusura del loro business a base di ransomware. Lo abbiamo fatto solo per denunciare l’insicurezza, dicono, e non abbiamo mai creato “cartelli”.

Dopo le indiscrezioni risalenti alla scorsa settimana, come promesso la gang criminale che gestisce il ransomware Maze ha ora ufficialmente confermato l’uscita dal business dei malware cripta-file. Una mossa un po’ a sorpresa, se si considerano le modalità scelte e l’inversione quasi totale rispetto al modus operandi emerso nei mesi passati.

Una “press release” ufficiale di Maze comunica che “il Progetto è chiuso”, che qualsiasi collegamento al lavoro dei criminali è da considerarsi una truffa e che non esiste alcun successore o partner in grado di fare le veci dell’operazione originaria in futuro. Alle vittime che ancora soffrono per le conseguenze del ransomware, quelli di Maze consigliano di contattare la “chat di supporto” per richiedere la cancellazione dei dati rubati. Nessuna notizia ufficiale, almeno al momento, sulla distribuzione di una chiave di decodifica globale in grado di ripristinare i file cifrati.

Maze ransomware

Maze nega di aver organizzato un qualsiasi “cartello” per la collaborazione con le gang dei ransomware concorrenti, mentre in passato la crew di hacker black hat aveva adottato quel termine nel pubblicare i dati rubati da altri ransomware come Ragnar. L’unico cartello è quello che esiste nella mente dei giornalisti che hanno inventato la storia, dicono ora i criminali.

Un altro, ancor più sorprendente capovolgimento di fronte riguarda le presunte motivazioni che avrebbero fin qui animato l’operato di Maze. I criminali sostengono di aver fatto quello che hanno fatto (colpito innumerevoli vittime, rubato dati sensibilissimi, incamerato milioni e milioni di taglia per la loro decodifica, …) perché volevano liberare il mondo dalla “noncuranza e dalla indifferenza” nella gestione dei dati digitali.

La gang di Maze sostiene di aver avuto accesso a sistemi incredibilmente sensibili come quelli del “supporto vitale” di New York, ma di non aver mai attaccato questo genere di bersagli pur considerando la loro sicurezza “disgustosa”. Uno di questi giorni, minacciano ironicamente da Maze, qualche psicotico radicale varcherà le “porte aperte” dell’insicurezza telematica e causerà danni gravissimi.