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USA, California: i lavoratori della “gig economy” sono dipendenti

Alfonso Maruccia | 12 Settembre 2019

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Il Senato dello stato americano più “liberal” ha approvato una legge che mira a garantire maggiori garanzie ai lavoratori specializzati […]

Il Senato dello stato americano più “liberal” ha approvato una legge che mira a garantire maggiori garanzie ai lavoratori specializzati in “lavoretti”. Le “piattaforme” in stile Uber minacciano l’aumento dei costi per i consumatori.

Con un voto favorevole di 29 a 11, il Senato della California ha approvato la proposta di legge nota come Assembly Bill 5 o AB5, una norma che, se approvata definitivamente, rappresenterebbe un cambio di passo significativo per tutti i protagonisti della cosiddetta “gig economy”.

La gig economy, liberamente traducibile in italiano come “economia dei lavoretti”, rappresenta quella particolare categoria di lavoratori “a cottimo digitale” a cui i clienti finali si rivolgono tramite app o piattaforme Internet specializzate. Colossi come Uber, che incamerano miliardi senza doversi preoccupare di “orpelli” del secolo scorso come paga minima oraria, straordinari o assicurazioni.

Uber

La legge Asssembly Bill 5 fa in teoria piazza pulita di questa disparità di trattamento rispetto al mercato del lavoro tradizionale, imponendo a Uber, alle agenzie dei “rider” del cibo a domicilio e alle altre corporation specializzate di riclassificare i membri del loro network come impiegati a tutti gli effetti.

Prima di diventare legge, la proposta AB5 licenziata dal Senato dovrà ora passare il vaglio dell’Assemblea dello stato e quindi planare sulla scrivania del governatore della California Gavin Newsom per la firma di approvazione definitiva. Newsom si è in ogni caso dichiarato sostenitore della norma, e non sembrano esserci particolari intoppi per il successo finale dell’iniziativa.

I politici californiani hanno evidenziato come non ci sia nulla di “innovativo”, in aziende come Uber che sfruttano i lavoratori sottopagati e senza diritti o garanzie per accumulare miliardi di guadagni in borsa. Un “modello di business” che però le corporation – e alcuni dipendenti – difendono, denunciando il rischio, dopo l’entrata in vigore della legge AB5, di un aumento dei costi fino al 30% che potrebbe riverberarsi sui prezzi e la “qualità del servizio” agli utenti finali.