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Mi chiamo Wolfram, risolvo problemi

Redazione | 29 Giugno 2014

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Unire i puntini Per capire bene cosa sta arrivando, conviene girarsi indietro e unire i puntini, come diceva Steve Jobs […]

Unire i puntini

Per capire bene cosa sta arrivando, conviene girarsi indietro e unire i puntini, come diceva Steve Jobs nel celebre emozionante discorso alla cerimonia di Stanford nel 2005. In un articolo del suo blog, Wolfram ammette di non avere espressamente lavorato per arrivare a creare un ambiente di programmazione rivoluzionario, ma di essersi reso conto che i passaggi necessari per la nuova tecnologia sono stati il cammino degli ultimi 25 anni.
Il primo passo è Mathematica, un linguaggio potente per il calcolo simbolico, creato da Wolfram sul finire degli anni’ 80 per automatizzare il calcolo simbolico e rendere la vita più semplice a chi campa di equazioni.

Il secondo, è Wolfram Alpha, un motore di ricerca fattuale realizzato in Mathematica. Si tratta di un motore di ricerca molto particolare, che non indicizza termini senza sapere cosa significano, ma cerca di accumulare e catalogare conoscenza. A Wolfram Alpha possiamo fare domande come “stopping power of lead against 5 MeV alpha particles”, per conoscere il potere di arresto del piombo bombardato con particelle alfa intorno a 5 MeV di energia, “highest mountain on the moon” per scoprire quanto può essere alta una montagna in assenza di erosione atmosferica (tanto), oppure “C# minor pentatonic” per conoscere tutto sulla scala musicale che ha fatto le fortune di una generazione col rock e delle due precedenti col blues. Se conoscete un appassionato di matematica, o fisica che non ha sentito parlare di Wolfram Alpha mostrateglielo appena possibile: un universo di conoscenza, calcolo simbolico, dati e visualizzazioni accessibile senza sforzo.

Raspberry Pi mother

Collegando i puntini, quindi, partiamo da un linguaggio funzionale e simbolico, continuiamo con un motore di inferenza e di accumulo di conoscenza, aggiungiamo un protocollo di interrogazione remota basato su web service e un cloud per rispondere alle richieste e mettere online le funzioni create col linguaggio. Quello che appare è un modello distribuito di calcolo, che può mettere conoscenza e elaborazione simbolica a disposizione di un computer che strizza una Debian in una schedina con un Arm a 700 MHz e 512 Mb di memoria.
Visto da qui, “permette a chiunque di calcolare qualunque cosa” è sintesi giornalistica più che grossolana esagerazione.

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