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Software

Chrome traccia gli utenti in modalità incognito

Luca Colantuoni | 4 Giugno 2020

Google Privacy

Google è stata citata in tribunale per aver raccolto numerose informazioni degli utenti durante la navigazione con Chrome, anche con modalità in incognito attiva.

L’azienda di Mountain View è stata citata in giudizio per aver violato illegalmente la privacy di milioni di utenti, monitorando le loro attività online anche quando Chrome utilizza la modalità in incognito. Con la citazione depositata presso il tribunale distrettuale della California è stato chiesto un risarcimento di almeno 5 miliardi di dollari. Intanto si scopre che molti siti possono eludere la navigazione privata con specifici script.

In base alla denuncia presentata nei confronti di Alphabet (parent company di Google), Chrome violerebbe il Federal Wiretap Act, in base al quale non è possibile intercettare le comunicazioni private senza un esplicito consenso degli utenti. Il browser invece raccoglie numerose informazioni durante la navigazione, anche quando viene attivata la modalità in incognito.

Google utilizzerebbe vari tool, tra cui Google Analytics e Google Ad Manager, per accedere alla cronologia di navigazione e alle ricerche con l’obiettivo di creare un “profilo” dell’utente attraverso dati personali (amici, hobbies, cibi preferiti e altro). Un portavoce dell’azienda ha respinto categoricamente le accuse, in quanto nella schermata della modalità in incognito è scritto chiaramente che i siti web possono raccogliere informazioni durante la sessione di navigazione.

In pratica gli utenti pensano (erroneamente) che la modalità in incognito garantisca la privacy assoluta. Nella denuncia si afferma che Google ha ingannato gli utenti, facendogli credere di mantenere il controllo delle informazioni.

All’inizio del 2019, Google aveva rilasciato un fix che impediva ai siti di utilizzare la FileSystem API per eludere la modalità in incognito. L’aggiornamento rende inutili gli script che rilevano la navigazione privata (usata ad esempio per accedere a contenuti a pagamento).

ZDNet ha scoperto che il fix non è efficace al 100% e che Google non ha ancora risolto la questione. Anzi sono stati scritti script simili che funzionano con browser non basati su Chromium, come Firefox e Safari. Forse la citazione in giudizio potrebbe accelerare la distribuzione di un nuovo update.