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DuckDuckGo accusa: Google profila gli utenti sempre e comunque

Alfonso Maruccia | 7 Dicembre 2018

Google Servizi Web

Il motore di ricerca rispettoso della privacy evidenzia ancora una volta l’esistenza della “filter bubble” nelle ricerche di Google, una […]

Il motore di ricerca rispettoso della privacy evidenzia ancora una volta l’esistenza della “filter bubble” nelle ricerche di Google, una corporation capace di “personalizzare” l’esperienza Web al di là di ogni possibile scudo o (presunto) anonimato.

Un nuovo studio di DuckDuckGo riaccende la discussione sulla “Filter Bubble” di Google, vale a dire quella ipotetica bolla autoreferenziale entro la quale il colosso di Mountain View “chiude” tutti i suoi utenti con i risultati personalizzati su Google Search. La bolla esiste ed è sempre più ossessiva, accusa il motore di ricerca che rispetta la privacy, e non c’è protezione o navigazione in incognito che possano infrangerla.

Lo studio di DuckDuckGo ha analizzato i risultati delle ricerche di 87 diversi soggetti residenti negli USA, 76 dei quali riferiti a sistemi desktop a 11 a gadget mobile. I volontari hanno usato Google Search durante lo scorso giugno, effettuando ricerche su termini come “controllo delle armi”, “immigrazione” e “vaccinazione”. Le ricerche sono state condotte prima in modalità navigazione anonima e senza il login all’account Google, e poi ripetute in modalità normale.

I risultati parlano chiaro: la stragrande maggioranza degli utenti ha ottenuto risultati di ricerca differenti, segno evidente del fatto che Google è riuscita a personalizzare le ricerche anche in caso di navigazione anonima. La profilazione degli utenti da parte di Mountain View arriva ovunque, e a quanto pare non è necessario usare un account Google per ritrovarsi con risultati di ricerca “chiusi nella bolla” dell’autoreferenzialità in stile social network. La variazione dei risultati nelle ricerche ha influenzato anche i box riferiti alle notizie e ai video, sostiene ancora la ricerca.

Anche considerando la dimensione limitata del campione analizzato da DuckDuckGo, la comparsa così lampante di una “Filter Bubble” personalizzata per ogni utente (almeno per il mercato statunitense) evidenzia per l’ennesima volta che Google, di fatto, è un monopolio on-line a cui non sfugge praticamente nulla.